Moda e fotografia celebrano René Magritte

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Moda e fotografia celebrano René Magritte

Dagli abiti surrealisti di Elsa Schiaparelli alle scarpe che ricreano la forma del piede di Comme des Garçons e Balenciaga, fino alle fotografie visionarie di Tim Walker per Louis Vuitton e le maschere della Maison Margiela, che omaggiano il celebre quadro “Gli amanti”; con un occhio al cinema. Un’analisi approfondita di come il sabotatore silenzioso influenzi artisti da oltre un secolo.

Terza ed ultima testa del mostro tricefalo che ho partorito per parlare di René Magritte, e che spero qualche coraggioso lettore abbia affrontato fino a qui, in questa porzione finale vedremo, come sempre passando attraverso alcuni quadri, l’eredità del pittore raccolta da moda e fotografia, senza tuttavia disdegnare qualche breve incursione in altri campi.

Nello scrivere questi tre pezzi la mia piccola ricerca, come ogni buona ricerca, chiedeva di essere indagata e scoperta mano a mano, crescendo su se stessa in spunti e stimoli, promettendo altri mondi inesplorati, suggerendo strade non percorse; e molti sentieri intravisti ho infine dovuto trascurare.

Se avessi provato a imboccarli tutti, infatti, non avremmo più avuto questo trittico d’articoli, il mostro tricefalo appunto, ma un’eterna Idra di Lerna, capace di addormentare anche i più agguerriti lettori.

René Magritte – Capitolo I: René Magritte: perché nessuno può fumare la sua pipa

René Magritte – Capitolo II: Magritte tra fumetti e cinema: il reality show del surrealismo

René Magritte, “La riproduzione vietata”

Come abbiamo visto Golconda moltiplicarsi sulle pagine dei fumetti e Il mese della vendemmia nelle locandine del cinema, così potremmo condurre simili viaggi con diversi altri quadri, che sono diventati, negli anni, vere e proprie icone.

Uno di tali viaggi, a cui non voglio rinunciare, è quello innescato dallo straordinario La riproduzione vietata (“La reproducion interdite”).

la riproduzione vietata magritte

René Magritte, La reproduction interdite (La riproduzione vietata), 1937, olio su tela, 81,3×65 cm, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam.

Un giovane uomo elegante è ritratto di spalle; un giovane uomo elegante è ritratto di spalle. No, non si tratta di un refuso, ma del suo riflesso nello specchio, che però rispecchia la schiena anziché il volto, sicché, quale sia il volto, rimane un mistero.

L’aspettativa creata nell’osservatore, che interroga lo specchio per scoprire i tratti ritratti (giacché, se il pittore ci mostra un uomo di spalle, lo specchio non mente mai), rimane, invece, sorprendentemente frustrata.

Tipico esempio di Unheimlich magrittiano, dove in una fedele rappresentazione della realtà si insinua una crepa, una dissonanza, un elemento che ci lascia interdetti, il quadro dovrebbe raffigurare il poeta e amico Edward James, mecenate dell’artista e, per inciso, un uomo talmente singolare che di lui quel folle di Salvador Dalì ebbe a dire: “l’unico autentico matto che conosco”.

In questo quadro, però, di quel ritratto non riusciamo a vedere ciò che cerchiamo (e che ci aspetteremmo di trovare), cioè quel che determina l’identità di una persona: il suo volto.

Lo specchio ci restituisce soltanto un déjà vu.

Tutto il resto risponde perfettamente alle leggi del mondo reale ed anche il libro di Edgar Allan Poe, raffigurato nel quadro, si riflette nello specchio come dovrebbe. Del nostro Edward James vediamo però per due volte soltanto la schiena.

Omaggi a “La riproduzione vietata” di René Magritte nella letteratura: da Lewis Carrol a Jorge Luis Borges e Edgar Allan Poe

Il fascino per gli specchi ed il loro incantesimo ha dato luogo ad una lunga tradizione, che annoverando miti come quello di Narciso, giunge fino al romanzo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (“Through the Looking-Glass, and What Alice Found There”), noto capolavoro di Lewis Carrol.

Il problema della rappresentazione, come abbiamo visto, ha così lungamente tormentato René Magritte, che lo specchio non poteva non trovare un posto di rilievo nella sua produzione.

A commento di questo quadro, dovrò citare qui ancora una volta, come ormai di prassi nelle due parti precedenti, Jorge Luis Borges, che, lo avrà compreso chi mi legge, non solo mi è molto caro, ma è anche, in sensibilità ed intuizioni, più vicino a Magritte di quanto io stesso sospettassi.

Lo scrittore argentino ci narra, nel suo Manuale di zoologia fantastica, di un’antica leggenda cinese, secondo la quale un tempo il mondo degli uomini e quello degli specchi erano comunicanti e differenti. Gli specchi si potevano attraversare e i due mondi, diversi l’uno dall’altro, vivevano in pace. Una notte però gli esseri degli specchi invasero la terra. Dopo lunghe battaglie l’Imperatore Giallo prevalse su di loro e con la sua magia li ricacciò negli specchi, dove li intrappolò, costringendoli con un sortilegio a ripetere tutti i gesti degli uomini:

Li privò di forza e di figura propria, riducendoli a meri riflessi servili. Un giorno, tuttavia, essi si scuoteranno da questo letargo magico. […] Gradualmente, differiranno da noi; gradualmente, non ci imiteranno. Romperanno le barriere di vetro o di metallo e questa volta non saranno vinti.

Creatura degli specchi ribelle anzi tempo, o semplice negazione dell’identità più autentica ed intima (che sfugge al ritratto ed anche allo specchio), il riflesso “sbagliato” di La riproduzione vietata, ha dato seguito ad una serie di citazioni assai suggestive.

René Magritte, pittore preferito di Tiziano Sclavi: un omaggio a “La riproduzione vietata” in”Attraverso lo specchio”, Dylan Dog nr 10 del 1987

Torniamo perciò immediatamente ad aprire Dylan Dog, e più precisamente il numero 10, anno 1987, illustrato da Giampietro Casertano e scritto da Tiziano Sclavi (che, come abbiamo visto nel precedente articolo, omaggiò poi anche Golconda nell’omonimo numero 41).

L’emblematico titolo è Attraverso lo specchio, questa volta scoperta citazione di Carrol, ma in questo splendido numero i rimandi sono moltissimi e si intrecciano mirabilmente fra loro.

Nel racconto, in cui la Morte e lo specchio intrattengono un rapporto privilegiato, in una sorta di declinazione orrorifica del topos della Vanitas, Dylan entra in un singlare negozio di specchi, per scoprire qualcosa di più su di uno specchio stregato.

Attraversando il negozio, Dylan e il proprietario passano di fronte alla Riproduzione Vietata, trovandosi proprio a “riprodurla” per noi con le loro schiene, in un gioco che quadruplica il doppio, e che, idealmente, potrebbe procedere all’infinito (mise en abyme).

la riproduzione vietata magritte dylan dog

Giampietro Casertano, illustrazione tratta da Attraverso Lo specchio, Dylan Dog n. 10, ristampa a colori.

È interessante notare, per dar conto dello spessore del fine gioco citazionario del fumetto, che il dipinto di René Magritte doveva far parte di una triplice serie ideata per la sala da ballo della casa londinese del committente, Edward James. Le altre due opere erano Il modello rosso (Le modèle rouge) e Il tempo trafitto (La Durée poignardée).

Ebbene, nello stesso negozio di specchi del racconto troviamo una riproduzione proprio di quest’ultimo, una sorta di versione scultorea o un pezzo d’arredo, costituito da una locomotiva che esce dal camino e che fungerà da scala ai due personaggi per salire sul camino e attraversare lo specchio.

René Magritte, La Dure poignarde La durata pugnalata
René Magritte, La Dure poignarde (La durata pugnalata), 1938, olio su tela, 147×99 cm, Chicago, The Art Institute of Chicago.

Potrebbe anche trattarsi, è vero, d’una semplice coincidenza; aggiungiamo allora che René Magritte era il pittore preferito di Tiziano Sclavi.

E ancora: Edgar Allan Poe, il cui libro, Storia di Arthur Gordon Pym, compare nel quadro e nello specchio di La riproduzione vietata, è un autore evocato anche nel fumetto di Sclavi, stavolta attraverso il nome della protagonista femminile: Rowena, già personaggio di un racconto di Poe, per l’appunto.

Potremmo allora citare, forse un po’ a sproposito, la famosa frase attribuita ad Agatha Christie:

One coincidence is just a coincidence, two coincidences are a clue, three coincidences are a proof.” “Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze fanno un indizio, tre coincidenze fanno una prova.

Omaggi a “La riproduzione vietata” di René Magritte nel cinema: “Nodo alla gola” di Alfred Hitckock

Ma accontentiamoci di rimanere nell’indiziario e passiamo dalla più celebre scrittrice di libri gialli al più celebre regista di film gialli: si tratta, ovviamente, di Alfred Hitckock.

Nel suo famoso film Nodo alla gola (Rope), due ricchi e raffinati ragazzi, Brandon e Phillip, che convivono in un lussuoso appartamento di Manhattan, strangolano a morte con una corda l’amico ed ex compagno di classe David, per il solo gusto di attuare l’omicidio perfetto.

Dei due, Philip, il più fragile, sarà maggiormente turbato dall’omicidio; Brandon, invece dotato di totale cinismo e sangue freddo, cercherà di coprire il disagio del complice, e durante un macabro ricevimento da loro indetto poco dopo, col cadavere nascosto in una cassapanca su cui viene imbandita la tavola, non mancherà di fare ambigue battute sulla situazione, forte della sua presunta superiorità intellettuale, che vorrebbe essere al di sopra della morale.

Il film è celebre per diverse ragioni, non ultima la soluzione di mantenere la continuità spaziale e temporale grazie ad un unico piano-sequenza, una scelta allora totalmente avanguardistica, e ottenuta, in realtà, montando assieme otto long-cut.

Il motivo per cui ne parliamo in questa sede è però nelle scene iniziali, in cui Brandon e Philip sono inquadrati di spalle, poco dopo l’omicidio. Per pochi secondi il corpo di Brandon, più vicino alla macchina da presa, si sposta a tratti oscurando quello di Philip, quasi fagocitato, e a tratti entrando con questo in un rapporto visivo che richiama La riproduzione vietata di René Magritte.

Philip non è dunque che un riflesso della volontà di Brandon: è quest’ultimo a giganteggiare sulla scena, e a cercare di piegare il più fragile amico affinché il suo piano vada a buon fine.

Rope Nodo alla gola Hitchcock
Fotogramma tratto da Rope (Nodo alla gola), 1948, di Alfred Hitchcock: John Dall e Farley Granger interpretano rispettivamente Brandon e Phillip.

Omaggi a “La riproduzione vietata” di René Magritte nel cinema: “The Secret Window ” di David Koepp, con Johnny Depp

Un altro film giallo (con un pizzico di horror) che chiama ancor più esplicitamente in causa La riproduzione vietata è The Secret Window (2004), di David Koepp, pellicola tratta da un racconto di Stephen King.

Morton (Johnny Depp), uno scrittore di romanzi horror e thriller psicologici, dopo aver scoperto il tradimento di sua moglie in un motel in cui la sorprende con l’amante, vive da solo in una casa nel bosco, tentando di ricominciare a scrivere.

Una mattina un uomo (John Turturro) si presenta alla sua porta, accusandolo di aver plagiato un suo racconto. Morton nega, ma l’uomo, che inizialmente se ne va, diventa sempre più presente e minaccioso nei confronti dello scrittore, in un’escalation che lo porterà fino a bruciare la casa dell’ex moglie di Morton e a compiere una serie di omicidi.

Ad un certo punto, arriva però l’epifania per il protagonista e lo spettatore: l’uomo che minaccia Morton, altri non è che Morton stesso, che in un disturbo dissociativo della personalità ha creato un alterego capace di agire al posto suo e portare a compimento il suo più oscuro e recondito desiderio: uccidere l’ex moglie ed il di lei amante. E così avviene.

Nella scena chiave Morton, allucinato, parla a se stesso moltiplicandosi e i suoi doppi lo portano gradualmente alla consapevolezza della sua follia e di quella verità fino ad allora solo inconscia. La sua pazzia trova così un’interessante oggettivazione visiva, finché allo specchio Morton non vede più la sua faccia, ma solamente la sua stessa schiena.

Gif tratta da Secret Window (La finestra segreta), 2004, di David Koepp: Johnny Depp nei panni di Mort Rainey.

La versatilità e la fascinazione de La riproduzione vietata trova infine un’altra originale variante in The Eternal Sunshine of the Spotless Mind (che qualche maldestro titolista italiano ci ha consegnato come: Se mi lasci ti cancello).

Per la regia di Michel Gondry e la sceneggiatura di Charlie Kaufman (già sceneggiatore di Essere John Malkovich, cui abbiamo accennato nel secondo articolo), il film racconta la singolare storia d’amore tra Joel (Jim Carrey) e Clementine (Kate Winslet), decisamente movimentata dalla clinica Lacuna Inc., diretta dal dottor Mierzwiak, che ha appreso come cancellare ricordi specifici dalla mente di una persona.

Alla clinica si era rivolta per prima Clementine, alla fine di due anni di relazione con Joel, per cancellare appunto quel vissuto.

E alla stessa si rivlgerà Joel, una volta appresa la cosa.

Nel frattempo, Patrick, un tecnico della clinica, si è infatuato di Clementine e sta usando i ricordi cancellati della sua precedente relazione con Joel per sedurla.

Mentre Joel si sottopone al processo di cancellazione, ha però un presentimento di quanto sta succedendo, che si configura nella sua mente come un ricordo rivissuto e oniricamente trasfigurato. In questo spazio mentale egli incontra (di nuovo) Clementine e Patrick, al quale non riesce però a dare un volto.

Tale riconoscimento mancato si manifesta in un tentativo di voltare Patrick, che gli si presenta di schiena; ma ciò che compare a Joel, per quanto egli rigiri Patrick, è solamente, e ripetutamente, la sua nuca.

Questa è, a mio avviso, la più inquietante e sorprendente citazione de La riproduzione vietata di Magritte.

Gif tratta da The eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello), 2004, di Michel Gondry: Jim Carrey nei panni di Joel Barish e Elijah Wood in quelli di Patrick.

Come detto, il protagonista maschile di questo film è Jim Carrey.

Con il suo inchino si chiudeva il nostro precedente articolo, sullo sfondo di un cielo a nuvolette, e proprio sulla porta che conduceva fuori dal Truman Show!

René Magritte e la moda: l’omaggio di Virgil Abloh alla sfilata di Louis Vuitton FW2020, con un occhio a John Galliano e Moschino

Ebbene, se vogliamo parlare di René Magritte e di moda, possiamo ripartire da qui, e più precisamente dalla sfilata Louis Vuitton Uomo FW 2020, ideata dal geniale Virgil Abloh, da poco prematuramente scomparso, allora Art Director della Maison.

Secondo Woody Allen, “La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione”; la moda di cui stiamo per parlare, invece, imita l’arte e il buon cinema.

Se è vero che gli estrosi completi istoriati dal topico cielo magrittiano hanno ricordato un po’ troppo da vicino le proposte di John Galliano per la primavera-estate 2013 e di Moschino per l’autunno-inverno 2014, anch’esse inequivocabili omaggi al pittore belga, la mise en scène pensata per Heaven On Earth, la sfilata di Vuitton presentata a Parigi, è una gigantesca sala dipinta di cielo e nubi.

I modelli accedono in questo spazio surreale, disseminato di oggetti quotidiani decontestualizzati e ingigantiti, attraverso una porta ed una scala, che sono senza ombra di dubbio un ricordo del già citato finale di The Truman Show.

La citazione si spinge però anche oltre, perché gli oggetti enormi e fuori contesto (un marchio di fabbrica magrittiano e latamente surrealista), se collocati su di uno sfondo riempito di cielo, non possono che far pensare a I valori personali (Les Valeurs personnelles), famoso quadro di René Magritte del 1952.

René Magritte Les Valeurs Personnelles I Valori Personali
René Magritte, Les Valeurs Personnelles (I Valori Personali), 1952. Olio su tela 80 100 cm. San Francisco Museum of Modern Art.

Al centro della sala della sfilata, si erge poi la riproduzione di un enorme albero, la cui parte finale si perde oltre il soffitto e al cui tronco sono inchiodati degli assi di legno che formano rudimentali gradini. Una memoria, certo, delle casette sugli alberi dell’infanzia.

Tim Walker e gli omaggi a Renè Magritte: dalla collezione di Louis Vuitton FW2020 firmata Virgil Abloh ai ritratti a Tilda Swinton per W Magazine nel 2014

E al mondo dell’infanzia ci si vuole infatti richiamare anche nella scelta del visionario e fiabesco fotografo della collezione: sarà infatti Tim Walker ad immortalarla, giovandosi delle sue ormai caratteristiche distorsioni grandangolari e del punto di vista ribassato che ci restituiscono una visione fantastica, un mondo magico visto dagli occhi di un bambino.

Tim Walker for Louis Vuitton Men’s FW 2020
Tim Walker per Louis Vuitton Men’s FW 2020
Tim Walker for Louis Vuitton Men’s FW 2020
Tim Walker per Louis Vuitton Men’s FW 2020

Questo cielo azzurro pieno di bianche nuvolette paradisiache era già del resto familiare al fotografo britannico, che per W magazine del dicembre 2014 aveva omaggiato proprio Magritte, realizzando una serie di foto ispirate alle sue opere, con protagonista la strepitosa Tilda Swinton. In una di queste, Tilda ci appare biancovestita e dal volto pieno di cielo e condito di nuvole; Tim Walker entra così in chiaro dialogo emulativo con Il futuro delle statue (L’Avenir des statues), realizzato nel 1937.

Tilda Swinton ritratta da Tim Walker per W Magazine, 2014.
Tilda Swinton ritratta da Tim Walker per W Magazine, 2014.
René Magritte, L’Avenir des statues Il futuro delle statue
René Magritte, L’Avenir des statues (Il futuro delle statue), 1932, pittura ad olio su gesso, 33 x 16 x 19 cm, Lehmbruck-Museum, Duisburg.
René Magritte, L’Avenir des statues Il futuro delle statue
René Magritte, La Magie Noire (La magia nera), 1945, olio su tela, 80 X 60 cm, collocazione sconosciuta.

Quest’opera alquanto singolare consta di una versione commerciale in gesso della maschera mortuaria di Napoleone, dipinta da Magritte con il suo tipico cielo. Il significato potrebbe essere da ricercare nell’espressione “avere la testa tra le nuvole”.

Le nuvole alludono forse all’alto concetto di sé che ebbe il condottiero, o alla gloria celeste da lui raggiunta?

O piuttosto ne offuscano i tratti e dunque il ricordo, significando che la fama, anche napoleonica, trascorre breve come un cielo d’estate?

Potrebbe trattarsi d’una trasfigurazione poetica della morte, di un dissolversi e fondersi quasi panteistico con il cielo.

Una simile fusione o metamorfosi, del resto, possiamo anche osservare in La Magia Nera (La Magie Noire), una serie di dipinti dal medesimo titolo il cui soggetto, il più delle volte appoggiato a una balaustra di marmo, è un bellissimo e statuario nudo di Georgette Magritte, musa e moglie, trattato però “à la Magritte”, per l’appunto.

Ovidio, autore latino delle Metamorfosi, si era divertito a dare, nel suo poema, un valore fattuale alla metafora. Un elemento retorico e tradizionale, acquistando una realtà letterale (e non più solo letteraria), attraverso la sua poesia, attingeva nuova linfa per sé e un sapore inedito e spiazzante per il lettore. Così, ad esempio, dalla similitudine dei capelli della donna che sono come le chiome d’un albero, passando per la metafora, si giungeva alla metamorfosi della donna stessa in albero.

Il topos della donna come creatura che sta a metà fra terra e cielo, ponte fra l’umano ed il divino, è qui il tema della serie di Magritte, che ammicca anche al mito di Pigmalione (da lui già mirabilmente trattato nella tela Tentativo impossibile).

La donna (statuaria o statua?) acquista non più, come nel mito pigmalionico, l’umanità che la rende, da simulacro, essere vivente, trasformando le sue membra di marmo o d’avorio in carne viva, ma una fusione con lo spazio circostante.

Di questa metamorfosi ovidiana su tela, René Magritte dichiara:

C’est un acte de magie noire de transformer la chair de la femme en ciel”, “È un atto di magia nera trasformare la carne della donna in cielo

ed è la magia nera dell’arte, letteraria, pittorica o fotografica che sia, capace di rendere possibile l’impossibile.

Julien Vallon: il fotografo francese che omaggia la donna statua – statuaria di René Magritte

Sembra che a questa serie di dipinti si sia ispirato infatti anche il fotografo francese Julien Vallon, che con uno splendido scatto prolunga la magia di queste panteistiche fusioni.

René Magritte La Magie Noire La magia nera
René Magritte, La Magie Noire (La magia nera), 1934, olio su tela, 79 x 59 cm, Mus es royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles.
Julien Vallon, Guilty Blues
© Julien Vallon, Guilty Blues, 2021.

Altrettanto magrittiana mi sembra l’ispirazione che soggiace a un’altra sua peculiarissima composizione, facente parte di Personal, serie II, 2020, per la quale si potrebbe chiamare in causa il quadro intitolato Intervallo (Entracte).

René Magritte Entracte Intervallo
René Magritte, Entracte (Intervallo), 1927, olio su tela, 114×162 cm, Collezione Privata
Julien Vallon Personal Serie II
© Julien Vallon, Personal, Serie II, 2020.

Gli scatti di Julien Vallon, in questo caso più che mai surreali, si snodano in una serie di corpi intrecciati, composti, scomposti e ricomposti, sovrapposti con tecniche simili al collage e capaci di creare fluidi grovigli di umanità acefale e frammentate.

È in particolare la quarta foto della serie che mi rievoca questa tela non troppo nota di René Magritte, Entracte, appunto, ossia l’intervallo o intermezzo teatrale. Qui, su di una scena che si affaccia ad un cielo minaccioso e ad un verde vulcano immenso e foracchiato, si mostrano delle creature asessuate, anch’esse acefale, costituite solamente di un braccio ed una gamba uniti fra loro. Sono cinque, questi esseri dimidiati, ed uno di essi ne abbraccia un altro, creando quasi una sorta di unità che ricorda il mito platonico delle due metà.

Il fitto mistero di questo quadro, che allude in modo esplicito al teatro dell’esistenza, sia nel titolo che nel gesto di una di queste creature, intenta a scostare la cortina d’un sipario, riemerge negli studi di Vallon: i corpi sembrano fondersi tra loro dando vita ad esseri nuovi e perturbanti, che ritorneranno anche in altri suoi scatti.

Interessante, a mio avviso, come la mano che scosta la cortina nel quadro di René Magritte venga ripresa, nella composizione di Julien Vallon, da un braccio in posizione omologa, il cui gesto, però, cita anche il gesto più imitato dell’intera storia dell’arte occidentale: quello della mano di Adamo nella Creazione di Michelangelo.

Julien Vallon Curves Study
© Julien Vallon, Curves Study, 2020.

I volti nascosti di René Magritte: “Gli amanti”, descrizione del bacio di amore e morte che forse fu ispirato dal suicidio della madre

Dai corpi acefali, spostiamoci ora ad un vero pezzo forte di René Magritte: i volti nascosti.

Se qualche scrupoloso e paziente lettore mi ha seguito fino a qui, avrà certo notato che è ricorrente in René Magritte il tema del nascondimento. Nelle sue varie declinazioni, l’uomo in bombetta è spesso ritratto di spalle o con oggetti che ne oscurano il volto; abbiamo incontrato il volto negato di Edward James, i cui tratti ci sfuggono anche in un altro suo “ritratto”: Il Principio del Piacere (Le Principe du Plaisir), dove una luce abbagliante ne circonfonde e nasconde le fattezze.

Di questa seduzione per ciò che è nascosto, intuita dal pittore (propria in effetti dell’uomo e recentemente documentata e suffragata anche da studi scientifici e in particolare neuroestetici), René Magritte ci offre la sua spiegazione, una sorta di “Poetica del Vago ed Indefinito” magrittiano:

C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra il visibile nascosto e il visibile apparente.”

Il discorso si potrebbe qui allargare alla siepe dell’Infinito di Leopardi, o al quadro di René Magritte intitolato La condizione Umana, dove il dipinto ci mostra una tela su cavalletto che, posta davanti alla finestra aperta, scotomizza il paesaggio esterno pretendendo (falsamente?) di riprodurne in modo identico proprio la porzione che sottrae alla nostra vista.

Ma restiamo, invece, unicamente sui volti!

Uno dei più celebri quadri di Magritte è senza dubbio Gli amanti (Les Amants), nella sua famosa versione del ‘28. I volti coperti da un lenzuolo-sudario tornano in più di un quadro del pittore (un’altra versione de Gli amanti; la Storia centrale, sempre del ‘28; ecc.), e v’è chi ha ipotizzato un inquietante legame col suicidio della madre.

Quest’ultima, affetta da grave depressione, si annegò nel fiume Sambre quando il giovane René aveva solo 14 anni. Fu ripescata giorni dopo, con il viso nascosto dalla camicia da notte.

René Magritte Les Amants Gli amanti
René Magritte, Les Amants (Gli amanti), 1928, olio su tela, 54×73 cm, The Museum of Modern Art, New York.

Eppure, tale dettaglio, riferito da René Magritte stesso, non esaurisce certamente il motivo dell’opera, dove un uomo e una donna si abbandonano ad un impossibile bacio, le teste avvolte in un panno bianco che lo impedisce e ci sottrae inoltre i loro lineamenti. 

Amore e Morte sembrano legarsi così in un’immagine altamente conturbante e suggestiva.

René Magritte e musica: l’omaggio dei Primal Scream nel loro “2013”, per l’album More Light, regia di Rei Nadal e maschere della Maison Margiela

Inconoscibilità e incomunicabilità travalicano qui le consuete riflessioni sul nascondimento, che si arricchiscono di tinte fosche, mentre i protagonisti sono privati dei tratti distintivi della loro umanità proprio nell’atto che più dovrebbe palesarla.

Tale atmosfera affannosa verrà ripresa ed esasperata nel videoclip del singolo dei Primal Scream, intitolato 2013, e uscito per l’album More Light, dello stesso anno.

Primal Scream, 2013, diretto da Rei Nadal.

Il video integrale, di 9 minuti, diretto dalla straordinaria Rei Nadal, allora ventiduenne e debuttante nel campo registico, è un susseguirsi di immagini disforiche: scene di tassidermia con falene morenti, bondage, pazienti psichiatrici e fughe attraverso i boschi, accompagnano, con una color e una fotografia magistrali, un testo di profonda critica sociale.

La canzone, come ha dichiarato Bobby Gillespie, leader della band, si scaglia contro l’implacabile ingranaggio capitalista, atto a schiavizzare le classi meno abbienti per mezzo del precariato del lavoro, ma anche contro una pop culture ormai anestetizzata e devitalizzata, incapace di resistere o reagire attraverso una qualunque forma di protesta.

Tra le immagini di 2013, rivive, concitato e angoscioso, il bacio degli Amanti di René Magritte, nelle disperate effusioni di due giovani mascherati.

Per la scena, estremamente suggestiva, sono state utilizzate le iconiche maschere di Maison Margiela.

Primal Scream regia Rei Nadal
Fotogramma tratto da 2013, videoclip dei Primal Scream diretto da Rei Nadal: le maschere indossate sono della Maison Margiela.
Maison Margiela, Fall 2013 Couture collection, runway look.
Maison Margiela, Fall 2013 Couture collection, runway look.

René Magritte e l’ispirazione al surrealismo Martin Margiela: coprire il volto delle modelle per valorizzare gli abiti

Ai suoi esordi, con la prima e leggendaria sfilata per la primavera-estate del 1989, Martin Margiela, stilista belga, ispirò la sua collezione al surrealismo.

Tra le altre rivoluzioni nell’ambito della moda, una scelta allora molto innovativa, come quella dei volti velati, rispondeva a differenti esigenze: tenendo fede alla matrice ispirazionale essenzialmente magrittiana, coprire il volto delle modelle gli consentiva di catalizzare al massimo l’attenzione del pubblico sugli abiti, e ovviava all’assenza, sulle passerelle, delle cosiddette supermodels, i cui esorbitanti cachet erano fuori dalla sua portata di esordiente.

Ben presto questa scelta divenne un attributo distintivo del brand, che in molte delle sfilate successive venne riutilizzato e variato, attraverso, ad esempio, parrucche e make-up o maschere più elaborate e innovative.

Le modelle dal volto celato da maschere divennero così iconiche, che anche quando, nel 2009, Martin Margiela lasciò inaspettatamente la Maison, il trend non venne abbandonato, ma piuttosto reinterpretato con sempre nuove declinazioni.

Marina Faust for Martin Margiela
Marina Faust per Martin Margiela.
Marina Faust for Martin Margiela
Marina Faust for Martin Margiela; la fotografia è  stata utilizzata anche come locandina per il film Martin Margiela: In His Own Words, del 2019, per la regia di Reiner Holzemer
Antonio De Morales Barros Filho Martin Margiela
© Antonio De Morales Barros Filho, Getty Images, Martin Margiela SS 2009.

Quella presente nel video dei Primal Scream, riesplicita e rivitalizza l’ispirazione originaria, con una critica tagliente alla società borghese e capitalista che certo anche Magritte avrebbe apprezzato.

René Magritte nelle scarpre di Comme des Garçons nel 2009 e Balenciaga nel 2022: il rovesciamento delle convenzioni sociali, che svelano invece di coprire

Per l’ultimo caso di fashion magrittiano che ho deciso qui di trattare, possiamo partire da quel che è una sorta di corollario dell’idea dei volti coperti: in René Magritte, lo abbiamo già spesso notato, ciò che vediamo non è quel che ci aspetteremmo.

Le convenzioni sociali vorrebbero che l’uomo borghese girasse con il viso scoperto e riconoscibile, e con il corpo pudicamente coperto dagli abiti. Forse, dal rovesciamento di questo semplice assunto nascono i vestiti e le calzature di certe celebri tele magrittiane, la cui proprietà principale non è più quella di coprire, bensì quella di svelare.

A proposito di Le Modèle Rouge (1935 e ‘37), il pittore ha dichiarato:

“Il problema delle scarpe dimostra come le cose più barbare passino per accettabili in virtù della forza dell’abitudine. Si sente, grazie al Modello Rosso, che l’unione di un piede umano e di una scarpa di cuoio, nasce in realtà da un’abitudine mostruosa”.

René Magritte Il modello rosso
René Magritte, Le Modèle Rouge (Il modello rosso), 1937, olio su tela, 180×134 cm, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam.

La scarpa (nota il critico D. Quaranta) è un contenitore che riproduce la forma del suo contenuto, nascondendone tuttavia l’aspetto.

Essa è divenuta una seconda natura per l’uomo, che non può più farne a meno. Nel Modello Rosso tali contraddizioni vengono esplicitate attraverso una mostruosa ibridazione, che in tele come In Memoriam Mack Sennett e La filosofia del Budoir (La philosophie dans le boudoir), trova la sua declinazione al femminile ed esibisce il lato più esplicitamente feticistico del fenomeno.

Il bizzarro Modello Rosso non è passato certo inosservato tra i fashion designer, e la sua ironica ed inquietante provocazione è stata riproposta, ad esempio da Comme des Garçons nel 2009.

Comme des Garçons women’s shoes
Comme des Garçons women’s shoes, FW 2009.

Più recentemente, La filosofia del Budoir, in cui potremmo individuare la “linea donna” di René Magritte, ha trovato il favore di Balenciaga, sia nel 2020 che quest’anno, con la collezione Clones – Resort 2022: la scarpa modello Fetish (décolletés o stivaletto) ricorda certamente da vicino le calzature del quadro.

Balenciaga Fetish Collezione Clones Resort 2022
Balenciaga, Fetish, Collezione Clones, Resort 2022.

René Magritte, Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì

Il brand sul quale si è tuttavia maggiormente appuntata la mia attenzione, è però, indubbiamente, Schiaparelli.

Per raccontare degnamente il prolifico rapporto tra la sua mitica fondatrice, Elsa Schiaparelli, ed il mondo dell’arte, occorrerebbe certo un articolo a parte, o, piuttosto, come è già stato fatto, degli interi libri.

Accontentandoci qui di uno scabro elenco di nomi (e tuttavia, che nomi!), potremmo chiamare in causa, tra i suoi ispiratori e collaboratori, surrealisti e dadaisti come Dalì, Duchamp, Man Ray, e naturalmente, Magritte; e persino poeti e scrittori, quali Paul Éluard, Louis Aragon e Jean Cocteau.

Dalla selva delle sue storiche creazioni, citiamo alcune di quelle ideate con il grande Salvador Dalì: ad esempio, il famoso vestito scheletro, che imitava la forma di uno scheletro umano, un cappello a forma di scarpa e abiti di organza con dipinte enormi aragoste; ma non possiamo non ricordare anche le scarpe di camoscio e pelliccia di scimmia, disegnate per lei nel 1938 dal grande stilista di calzature André Perugia.

Queste ultime sembrano indossare una parrucca e parrebbero fuggite da L’Amour Desarmé, quadro di René Magritte di tre anni prima.

André Perugia for Schiaparelli Woman’s Boots 1938
André Perugia per Schiaparelli, Woman’s Boots, 1938.
René Magritte L’Amour Désarmé L’Amore disarmato
René Magritte, L’Amour Désarmé (L’Amore disarmato), 1935, olio su tela, 72×54 cm, Collezione Privata.

La stella del successo di Schiaparelli, affievolitasi durante la Seconda Guerra Mondiale e spentasi del tutto dopo di essa, sembra rinascere, dopo alterne vicende, quasi cent’anni dopo, quando nel 2019 diviene Direttore Artistico della Maison il geniale Daniel Roseberry capace di riattuare, con un gusto tutto moderno e personale, l’impronta fortemente surrealista e innovatrice dei più genuini esordi di Elsa.

Nella doratissima e scioccante collezione 2021, le parti del corpo forniscono una ispirazione continua e feconda, che si riallaccia in modo originale alla visione della fondatrice.

“Elsa Schiaparelli credeva che l’anatomia non fosse solo un punto di ispirazione, ma un parco giochi. Lo credo anch’io. Quella combinazione, di arguzia e meraviglia, è ciò che ha definito il suo lavoro; spero che definisca anche il mio.”

così ha dichiarato Roseberry, che con le mani del Re Mida del mito greco sembra dorare gli abiti di René Magritte, mentre li leva dall’armadio.

René Magritte In Memoriam Mack Sennett
René Magritte, In Memoriam Mack Sennett, 1936, Olio su tela, 73×54 cm, Collections de la Ville de La Louviére, La Louviére
Schiaparelli Fall 2021 Ready to wear Mesh Dress
Schiaparelli Fall 2021, Ready-to-wear, Mesh Dress.
Schiaparelli Fall 2021 Couture Details of Look 15
Schiaparelli Fall 2021, Couture. Dettagli del Look 15.
Renè Magritte, La Philosophie dans le Boudoir Il modello rosso)
Renè Magritte, La Philosophie dans le Boudoir (Il modello rosso), 1947, olio su tela, 195 x 152 cm, Thomas Claburn Jones Collection, New York.

René Magritte: il sabotatore silenzioso ci circonda, ha ancora molto da dire, e continua a far parlare di sé

Così potremmo porre fine al nostro viaggio all’inseguimento di Magritte, sapendo che le sue orme proseguono ancora a lungo ed in molte e diverse direzioni, ma confidando di aver reso a sufficienza l’idea di quanto questo artista sia a tutt’oggi pervasivo e affascinante e capace di penetrare, con le sue magiche visioni, nei più svariati campi della cultura moderna.

Potremmo, dico, perché lungo la stesura di questa terza parte ho avuto modo di confrontarmi con Alexandre Ciarla: persona gentile e disponibile e, naturalmente, espertissimo di René Magritte, Alexandre non si è mai risparmiato dall’aiutarmi.

È bello (e ha quasi del miracoloso) che due uomini che non si sono mai incontrati né conosciuti possano scriversi profusamente, quasi come due vecchi amici, parlando di un terzo uomo, che non hanno mai incontrato, né conosciuto, e che per di più è morto 55 anni prima.

Ad Alexandre (ma anche a René Magritte), vanno certamente i miei ringraziamenti!

Ed ora sì, possiamo finalmente concludere, dicendo, come da rito, che il sabotatore silenzioso ci circonda, ha ancora molto da dire, e continua a far parlare di sé; ma possiamo anche garantire, ai pazienti lettori che sono giunti fino a qui, che almeno per un po’ non sarò io a riparlarne.

LEGGI ANCHE:

René Magritte – Capitolo I: René Magritte: perché nessuno può fumare la sua pipa

René Magritte – Capitolo II: Magritte tra fumetti e cinema: il reality show del surrealismo

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