L’uomo in più, il primo film di Paolo Sorrentino

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L’uomo in più, il primo film di Paolo Sorrentino

La storia di due uomini dallo stesso nome, come vite allo specchio, come linee parallele; un destino che non ammette il pareggio. Le coincidenze sono e rimangono tali? Chiedetelo a chi ha appena scoperto di essere morto.

Omonimia e speculazioni astrologiche

Mentre parlava rideva, ma sentivo una nota dissonante nel tono della sua voce, c’era turbamento, qualcosa aveva bucato la superficie e aveva colpito in modo più profondo di quanto credesse.

“Arrivato alla chiesa ho visto una corona di fiori, sul nastro la scritta -in memoria di Valerio Sala-, ma già alcuni annunci mi hanno fatto un effetto strano -Valerio si spegne all’età di 35 anni, ne danno l’annuncio i genitori-”

Mio padre raccontava questa esperienza davanti a una tazza di caffè, tra un sorso e l’altro ripercorreva la giornata trascorsa al funerale di un uomo omonimo di suo figlio.

L’omonimia, in alcuni casi molto comune, in altri assai più rara, sembra un segno del destino e non una semplice coincidenza, un legame che unisce sconosciuti che hanno vissuto lo stesso nome in modo diverso.

Una speculazione quasi astrologica, come quella che ci porta a considerare come spiriti affini chi è nato lo stesso giorno, salvo riservare spesso più ironia che effettiva analogia di vita.

L’uomo in più. Primo lungometraggio di Paolo Sorrentino

Un’introduzione simile è forse fuori luogo per un’opera prima (primo lungometraggio) che vede l’omonimia come protagonista velata, una presenza che aleggia sulle vite dei protagonisti e timidamente svela il proprio piano celato tra i ricordi.

L’importanza di chiamarsi Antonio Pisapia.

L’uomo in più” è la storia di Antonio Pisapia, o meglio, degli Antonio Pisapia, omonimi dalle vite parallele che, quando si incrociano, vengono segnate tragicamente.

Antonio Pisapia è un calciatore all’apice della carriera, capitano di una squadra (non precisata) lanciata dal campionato di serie A alle competizioni europee.

L'uomo in più di Paolo Sorrentino

Contrariamente allo stereotipo del calciatore al quale il calcio moderno ci ha abituato, Pisapia è riflessivo, modesto e timido; un uomo che, come i suoi compagni, ha capito che la propria professione ha una data di scadenza molto ravvicinata e decide di intraprendere la carriera di allenatore.

Antonio -Tony- Pisapia è un cantante di successo, una voce che racconta la notte e le passioni tra una sigaretta e l’altra, fumata rigorosamente sul palco.

Tony ha il suo piccolo mondo in pugno: un agente pronto a esaudire ogni suo desiderio, cene luculliane a base di pesce (ma non polpo) e donne in locali notturni che seguono ogni suo passo lontano da occhi indiscreti.

A differenza del suo omonimo, Tony non è dotato di grande lungimiranza, l’idea di abbandonare le scene è ancora lontana e il pensiero di rilevare un ristorante è un miraggio dai contorni sfocati.

Come ogni previsione astrologica che si rispetti, il destino di due uomini con lo stesso nome non può che essere il medesimo e il fulmine a ciel sereno si presenta nella forma di un infortunio che stronca la carriera di Pisapia, il calciatore, e un reato che macchia indelebilmente l’immagine di Tony, il cantante.

Precipitati nel baratro, entrambi faranno i conti con le proprie illusioni di essere predestinati al successo, le loro ingenuità e la mancanza di supporto in questa traversata del deserto di una vita sociale dalle fondamenta sabbiose.

Antonio, uomo timido dai princìpi granitici, si mostra in tutta la sua fragilità, spaesato in una vita che pare averlo relegato alla panchina, ci mostra come il successo e la lungimiranza non siano garanzie per un futuro felice.

Tony, Icaro attempato, scopre di non essere invincibile, di non avere il mondo steso davanti in sottili strisce da sniffare in un colpo solo e dovrà imparare a convivere con un telefono che non suona più, compagni di tour mercenari e con una nuova fama che lo porterà ad essere visto come un appestato.

I Topos Sorrentiniani

Non voglio dilungarmi ulteriormente sulla trama e anticipare le sorprese che riserva questo piccolo gioiello, ma trovo interessante riscoprire come alcuni topos (o tòpoi) sorrentiniani siano già disseminati in questo film, pronti a sbocciare nelle opere successive.

Spero proverete la stessa piacevole sensazione di dejà vu vedendo Tony Servillo ballare con una sigaretta in bocca, tra luci e musica da discoteca; lo stupore per un intermezzo di danza in una scena che non lo prevede; la carica emotiva di un monologo a cuore aperto e, per chi ha seguito Sorrentino anche tra le pagine dei suoi scritti, un personaggio già noto.

La musica, sia di Tony che della colonna sonora, divide il ruolo di protagonista con lo spirito dell’omonimia, oltre alle canzoni scritte da Peppe Servillo per l’occasione, ci accompagnano durante la vita dei Pisapia anche “I will survive” interpretata dai Cake (che trovo una delle cover più riuscite di sempre) e la leggerezza di “Ce matin là” nelle note eteree degli Air.

Che omonimia, date di nascita uguali e altre coincidenze siano frutto del caso è indubbio, ciò che lo è meno è che queste possano influenzarci nella percezione dell’altro; un altro che, anche se sconosciuto, in qualche modo condivide una parte di noi, una parte che ci identifica agli occhi del mondo.

Fortunatamente non ho provato l’esperienza pirandelliana di leggere “dal vivo” il mio necrologio, ma per un attimo, il solo pensiero di connessione del fato mi ha sfiorato e ha fatto vacillare quel monolite di scetticismo che pensavo di essere.

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