Gabriele D’Annunzio: La pioggia nel pineto

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Gabriele D’Annunzio: La pioggia nel pineto

I celebri versi, letti dalle voci di Gassman e Albertazzi, sono interpretati dal punto di vista di una vera e propria metamorfosi panica: il poeta e la sua amata Ermione si fondono con il paesaggio naturale. Sublimandosi, diventando parte del Creato.

La pioggia nel pineto: Ode alla Natura

Febbraio 2010. Volo Milano – Berlino.

L’aereo era appena decollato quando presi dallo zaino il mio lettore MP3 bianco, compagno fedele nei momenti in cui volevo stare un po’ sola con me stessa.
L’accesi, premetti play e chiusi gli occhi.

Da quel momento, su quel volo, esisteva solo una giovane diciottenne con le idee ancora un po’ confuse circa quello che avrebbe voluto fare nella vita, ma fortemente sicura di chi avrebbe voluto essere (o almeno lo pensava).
Quasi cinque minuti di pace assoluta, profonda, che dava spazio unicamente alla musicalità della poesia di D’Annunzio, magistralmente interpretata da Giorgio Albertazzi.

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella
,su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

La pioggia nel pineto: analisi e significato

Ogni verso è un invito a fare silenzio e ad ascoltare.
Non è un caso che D’Annunzio utilizzi gli imperativi. 
Così cattura la nostra attenzione. Con determinazione ci invita ad obbedirgli.
Tacere per dare ascolto al susseguirsi di suoni onomatopeici che danno voce a una natura incontaminata, potente e viva, lontana dai suoni caotici che scandiscono la nostra quotidianità.
Tacere per prestare attenzione a parole più nuove, sussurrate da gocce e foglie lontane; parole tanto differenti da quelle umane.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un 
crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.

[…]

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.

© Valentino Micali

Tacere per ascoltare la Natura

Tacere prima tutto. Come se ci fosse un rito da seguire, come se fosse il primo atto da compiere per prepararsi ad accogliere qualcosa di essenziale, capace di farci del bene.
Tacere per ascoltare.
Ascoltare ancor prima di percepire odori e profumi, ancor prima di lasciare che le gocce d’acqua, linfa vitale per la terra, bagnino i volti, le mani, gli indumenti leggeri, ma soprattutto l’anima, rendendola più fresca e nutrita. È come se il poeta volesse che, con tutti i nostri sensi, scoprissimo la bellezza segreta della natura: la sua anima Sublime, che riaccende in noi sentimenti autentici.

In fondo, non è la prima volta che D’Annunzio utilizza la poesia per celebrare il Sublime, che ritiene essere il valore supremo a cui ambire per rendere la propria vita un’opera d’arte.
E cosa c’è di più Sublime dell’entrare in simbiosi con la natura? Unirsi a Lei per essere condotti in una dimensione altra.

Nei versi dannunziani assistiamo a una vera e propria metamorfosi panica: il poeta e la sua amata Ermione si fondono con il paesaggio naturale.
È con questa trasformazione che si sublimano, diventando parte del Creato.

E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi
;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

[…]

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.

@ Gian Lorenzo Bernini_Apollo e Dafne

La poesia che diventa realtà

Certo, è poesia.
Nella vita reale, invece? Come ci sublima il contatto con la natura?

Immaginatevi in un ambiente incontaminato, che sia tra dolci colline, vette montuose, mari calmi o semplici distese di verde. Oppure pensate al senso di stupore che si prova, ogni volta, davanti a un’alba o a un tramonto.
Tipologie di paesaggi già visti ed esplorati, attimi vissuti innumerevoli volte, eppure li ricerchiamo in continuazione con l’intento di riviverli. Perché? Perché regali inestimabili che ci fanno stare bene.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere

Allora chiudete gli occhi e aprite la mente: lasciate che le immagini più suggestive si susseguano come diapositive.
Immaginatevi nel vostro spazio ideale, focalizzate l’istante che vi rende felici e lì fermatevi.

Fermatevi e ascoltatevi.
Un istante di pausa, lontano da tutto, dove abbandonarsi alla quiete, dove riscoprire le emozioni positive, dove sentirsi in pace con sé stessi e
ri-trovarsi.

Non esiste nient’altro se non voi e la natura.

Uno spazio dove risvegliare la propria anima, intesa come insieme di sentimenti che ci rendono vivi, e ascoltarla per capire di cosa (e di chi) abbiamo davvero bisogno per stare bene.
Forse è proprio questo il “senso” più importante che entra in gioco: l’anima. Certo, non è un senso convenzionale, ma di sicuro è quello dal valore più nobile.
Non perché debbano essere sminuiti gli altri, anzi.
Come ci insegna D’Annunzio, e forse un po’ anche la vita, serve che ogni parte di noi sia partecipe e ricettiva per cogliere quanto di piacevole e istruttivo si cela dietro a ogni singola esperienza.

Non c’è nulla di male nel prendersi una pausa: staccare la spina, respirare, ripartire con spirito propositivo.
Non c’è alleato migliore della natura per vivere attimi di leggerezza, grazie ai quali recuperare le forze e tornare a dare il meglio di sé.

Giusto qualche giorno fa ho riascoltato la poesia, dopo forse fin troppo tempo.
Questa volta nella versione recitata da Gassman, su consiglio di Rossella, e non con il mio storico lettore MP3, ormai passato a miglior vita, ma con lo smartphone collegato al bluetooth dell’auto.
Insomma, nuovo attore e nuovo mezzo (e nuova età), ma sensazioni e reazioni sono state le stesse: forte senso di pace, grandi sospiri, un po’ di pelle d’oca.

Chiudete gli occhi. Entrare nella vostra dimensione.
Tacete. Ascoltate. Sentitevi bene.

Vi sfido a non emozionarvi.
Ho già vinto la sfida, lo so.

E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

© Lisa Micali

Comments (2)

  • Maurizio Chieregato

    A scuola me l’hanno fatta leggere questa poesia e imparare a memoria, il mio pensiero era poi di ricordarla bene all’interrogazione, mi concentravo sulla prova da superare. Cosa mi ero perso..stamattina grazie a te Gloria e al Sublimista..l’ho letta e ascoltata per la prima volta questa poesia…e mi e’ entrata dentro nell’anima. Amo tantissimo camminare nella natura al mare, in montagna ma anche in campagna dove vivo. In questi luoghi, se stai in SILENZIO, incontri il vento che ti soffia parole, versi di una poesia che ti fa sentire bene. Si sentono le note di canzoni nell’aria di uccelli che volano liberi, di alberi che si lasciano suonare da una brezza leggera come tasti di un pianoforte…gli occhi si inondano di colori…e ti senti felice e leggero come quella farfalla che ti appena passata accanto…prima di posarsi su un fiore…..

    • Grazie per il commento, Maurizio.
      Grazie per aver apprezzato un’interpretazione puramente soggettiva della poesia.
      Mi rende davvero felice sapere di essere riuscita a trasmettere un messaggio positivo e condivisibile.

      Un saluto,
      Gloria

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