A 20 anni dall’uscita nelle sale, il film poeticamente surreale di Jean-Pierre Jeunet condivide messaggi attuali. Dedicarsi agli altri è una scelta di vita, l’importante è non dimenticarsi della propria. Rompere la crosta della crème brûlée con la punta del cucchiaino non basta per essere felici, ma è un inizio.
Il favoloso mondo di Amélie: la trama del film
Parigi, anni ’90.
In un piccolo e grazioso appartamento di Montmartre vive Amélie Poulain, una ventitreenne senza amici, senza particolari interessi e senza qualcuno che le riempia il cuore.
Amelie vive una vita per lo più solitaria, trascorrendo le giornate tra il lavoro al Café des 2 Moulins e il mondo immaginario in cui si rifugia fin da bambina, un mondo nel quale i dischi di vinile sono preparati come delle crêpe.
È il 30 agosto 1997 quando la routine di Amelie viene sconvolta: la voce di una giornalista annuncia che la principessa del Galles, Lady Diana, è morta in un tragico incidente stradale.
È un attimo. Il tappo del profumo le scivola dalle dita, tocca il pavimento e rotola fino alla parete per scomparire in una fessura. Allungando la mano per recuperare il tappo, Amelie trova una vecchia e impolverata scatola dei ricordi, nascosta, quarant’anni prima, da un bambino.
È un attimo. Prende la prima decisione: trovare il proprietario della scatola per restituirgli quel prezioso scrigno dei ricordi.
Ci riesce e la reazione dell’uomo è impagabile. Prende così la seconda decisione: dedicarsi agli altri. Amélie sarebbe entrata in punta di piedi nelle vite degli sconosciuti che avrebbe incontrato durante il cammino e, senza svelarsi, avrebbe rimesso a posto tutto ciò che non andava.
Lei li avrebbe resi felici.
Il favoloso mondo di Amélie: l’uomo di vetro
Ma chi si sarebbe preso cura di lei? Questa la domanda che le pone Raymond Dufayel, l’uomo di vetro, un anziano dalle ossa fragili che amava cimentarsi con i dipinti di Renoir.
La riposta non tarda ad arrivare, una riposta che porta il nome di Nino.
Basta un incrocio di sguardi e Amelie se ne innamora, si innamora di quel sognatore un po’ impacciato, esattamente come lei, che, in un album, colleziona fototessere gettate via.
Sarà l’uomo di vetro a convincerla a buttarsi tra le braccia di Nino, a spronarla affinché pensi alla propria felicità, affinché viva la propria vita senza paure.
Qual è il segreto della felicità?
Semplice e un po’ buffa, Amelie è la protagonista di una narrazione fiabesca che trasmette un messaggio appartamene scontato: la felicità è nelle piccole cose.
È così che si suol dire, giusto?
Ed è così. Lo confermo con ostinazione.
Siamo talmente impegnati ad avere il meglio di ogni cosa, da non accorgerci di quanto ci sia di Sublime nelle cose più semplici e comuni, basta guardale con più attenzione e con più entusiasmo.
Amelie lo sa bene, per questo coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri: tuffare la mano in un sacco di legumi, rompere la crosta della crème brûlée con la punta del cucchiaino e far rimbalzare i sassi sul Canal Saint-Martin. Senza dimenticare quanto le piace, al cinema, guardare le facce degli spettatori o cogliere i particolari che nessuno nota.
Attraverso i suoi occhi, Amelie ci mostra la realtà da un punto di vista puramente soggettivo: la sua realtà, ovvero una realtà a colori, sulla quale si pone domande cretine, nella quale tutto è perfettamente in armonia.
Dedicare la vita agli altri, in attesa di vivere la propria
Questo il segreto della felicità: apprezzare le piccole gioie della vita.
Una felicità più completa se condivisa. Quanta soddisfazione si prova nel fare del bene? Quanto è bello riuscire a strappare un sorriso?
Questo ci insegna un’empatica sognatrice che sotto la pettinatura a caschetto e lo sguardo curioso cela un’anima gentile, decisa a portare un po’ di gioia e spensieratezze nelle vite degli altri.
È questa decisione che la porta a voler restituire ad uno sconosciuto una scatola con i ricordi del passato, a guidare un cieco tra le vie di Parigi descrivendogli in maniera buffa ciò che incontrano lungo la strada, a ridare pace ad una donna tradita e a far innamorare due anime sole.
Insomma, la vita di Amelie è un susseguirsi di buone azioni compiute per gli altri.
Bello, bellissimo, ma la sua di vita?
Il coraggio di vivere la propria vita (in sella a una moto)
Amelie, per questa sua missione, tralascia la sua vita, la sua felicità, il suo amore.
Mia piccola Amélie, lei non ha le ossa di vetro, lei può scontrarsi con la vita.
Se lei si lascia scappare questa occasione, con il tempo sarà il suo cuore che diventerà
secco e fragile come il mio scheletro.
Perciò si lanci, accidenti a lei!
C’è un po’ di Amelie in ognuno di noi, che vogliamo dare una mano, ma al contempo abbiamo bisogno di essere aiutati.
Nella pellicola, l’aiuto arriva dall’uomo di vetro: lui la sprona a scontrarsi con la vita, quella vera, quella che può lasciarti l’amaro in bocca, ma al contempo riempirti il cuore di gioia.
Lui la spinge a capire che il non-vivere per paura non è una soluzione, ma una condanna.
Il non-vivere è una scelta sbagliata, ma comoda, che ti culla in uno stato di apparente serenità.
Certo, il non uscire dalla propria zona di comfort è indubbiamente rassicurante, ma quando ci si rende conto che al di là della bolla che ci siamo costruiti intorno c’è la gioia di Vivere, forse in quella bolla ci si sente un po’ stretti.
Prima o poi, volenti o nolenti, arriva il momento di farla scoppiare, basta solo trovare un po’ di coraggio, o qualcuno con uno spillo tra le dita.
Amelie trova la sua felicità quando, in sella a una moto con l’uomo che le ha fatto conoscere l’Amore, inizia finalmente a vivere.
Menomale che l’uomo di vetro ha acceso i motori di quella moto.
Lettore, ricorda: si vive una volta sola.
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