Educazione musicale come educazione alla vita

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Educazione musicale come educazione alla vita

Perché dovremmo dare più valore all’educazione musicale insegnata a scuola? In che modo diventa parte integrante, e fondamentale, nello sviluppo di un’identità socialmente rispettosa, tanto creativa quanto perseverante negli obiettivi di vita. Ce lo spiega un musicista con la sua personalissima tesi.

Autore: Marco Micali. Musicista, laureato al conservatorio con indirizzo Chitarra Jazz.
Ho iniziato a suonare la chitarra per vivere e far rivivere quelle frasi dei cantautori che da sempre mi hanno accompagnato. La musica per me è tutto quello che la ragione non può spiegare e che trova rifugio nella nostra anima; l’astratto che si materializza nei nostri cuori.
Con la specializzazione appena conseguita in Didattica della Musica spero di dare il mio supporto e contributo nella formazione degli adulti di domani.

Immagine di copertina: © Pau Morales _ City jazz

La musica come strumento educativo nella scuola. Il coro

La voce è lo strumento più immediato e accessibile, di cui tutti sono dotati naturalmente, e quindi cantare in coro potrà avvicinare il maggior numero di persone alla musica.
Il coro nella scuola è uno strumento formativo capace di educare all’armonia, al rigore, alla bellezza e a suscitare il senso di comunità, abbattendo eventuali barriere create da differenze culturali e sociali.

© Pau Morales _ The basement

La musica come strumento educativo nella scuola. Le origini

Per secoli l’educazione musicale è stata identificata con lo studio della tecnica strumentale. La rigidità di metodi e testi spesso si risolveva in scarsa attenzione alle reali esigenze dell’allievo, alla sua naturale curiosità e alla necessità di un suo costante coinvolgimento che ne favorisse l’apprendimento e la motivazione.
Nel XX secolo emergono nuove voci di studiosi ed esperti che si rendono conto di quanto educazione e didattica musicale necessitino non solo di rinnovamento, ma di una vera e propria rivoluzione, un nuovo modo di considerarne presupposti e fini, tramite una maggiore integrazione con altri ambiti pedagogici, una nuova adesione alla vita reale, alla naturalezza ed al bagaglio pregresso che il bambino si porta dietro fin dalla nascita 

Di fronte all’artificiosità dell’insegnamento tradizionale, gli studiosi vanno ad indagare l’origine della musica come entità intrinseca all’essere umano, tentano di trovare il canto originario, una sorta di pur-melodia che accomuni tutti i bambini di qualsiasi luogo e cultura. Si innesca così una querelle sull’innatismo delle strutture musicali, simile a quella ben più famosa relativa al linguaggio, motivata dalla consapevolezza che la musica risulta talmente forte e “necessaria” nella sua oscura utilità, da sfidare la selezione naturale. 

“L’esperienza musicale è un atto naturale. La musica è costitutiva dell’uomo e come la parola e il gesto fa parte della vita umana. Essa è un tutt’uno con la vita,
il movimento e il ritmo sono il battito cardiaco e la respirazione”

Daniele Branca, L’importanza dell’educazione musicale- risvolti pedagogici

L’educazione musicale a scuola: non solo una questione di tecnica

L’educazione musicale così intesa costituisce dunque un campo di ricerca relativamente recente;
le proposte più precise ed elaborate risalgono alla prima metà del Novecento; esse si basano sul rifiuto dell’insegnamento tradizionale astratto e nozionistico, e si richiamano alla concretezza degli apprendimenti, l’attenzione ai processi di sviluppo fisico e mentale degli alunni e quindi ai loro bisogni ed interessi. 
A queste concezioni si riallacciano studiosi come Jaques Dalcroze, Willems, Orff e Kodály, unanimemente considerati padri dell’educazione musicale. Scopo dell’insegnamento musicale non è unicamente l’abilità tecnica, la quale è sì importante, ma lo è di più lo sviluppo di aspetti come l’espressività, l’autonomia e la socialità. 

L’educazione musicale infantile non ha il compito di accostare i bambini alle composizioni dei grandi autori, quanto piuttosto quello di far emergere, in modo spontaneo, la musica che ognuno ha dentro di se, con creatività e improvvisazione. 
La scuola dovrebbe incentivare lo sviluppo della musicalità, considerandola elemento basilare della formazione, innanzitutto perché promuove l’integrazione delle diverse componenti della personalità: percettivo-motoria, affettivo-sociale e cognitiva. 

La musica, come strumento educativo nella scuola dispone di potenzialità creative pressoché infinite

© Pau Morales _ Baxista

Nella realtà di oggi, spesso eccessivamente conformata a valori standardizzati, veicolati il più delle volte dai media che condizionano più o meno fortemente le scelte, la nostra autonomia e quella dei nostri bambini, diviene obiettivo irrinunciabile la creatività come capacità di sognare, di immaginare e tendere a futuri differenti da quelli prospettati. Non a caso le indicazioni ministeriali invitano l’educatore musicale a trovare strade opportune per sviluppare nell’allievo «un pensiero flessibile, intuitivo, creativo».

L’importanza dell’ascolto e dell’educatore musicale

In musica questo può essere realizzato innanzitutto tramite l’ascolto e l’interpretazione; non si tratta certo di istruzione passiva. L’ascolto, lungi dall’essere un’attività passiva, deve invece aiutare gli allievi a lavorare sulla gerarchia degli elementi e sulla loro continuità, su quegli aspetti, cioè, che fanno di ogni brano musicale un “intero”. Si tratta di “ascolto creativo”: la capacità di ascoltare si sviluppa tramite l’esperienza diretta, ponendo quelle domande e prendendo quelle decisioni indispensabili per produrre musica, per eseguirla e comprenderla. 

Un’educazione all’ascolto che sia consapevole, comincia allorché si iniziano ad esplorare i mezzi espressivi e si impara ad apprezzare e ad utilizzare come stimolo la creazione altrui, quando si cerca di scoprire in prima persona ciò che di unico ed irripetibile c’è in un brano musicale, capendone progressivamente le peculiarità, lo stile, arrivando in fin dei conti a comprendere che cosa esso ci vuole dire. 

L’educatore musicale giungerà così alla decodifica della struttura e della forma di ciò che si ascolta, cercando, per quanto difficoltoso, di comunicare al bambino come smontare e rimontare un brano di musica come fosse un giocattolo, per capire che cosa lo fa funzionare, facendo in modo di collegare linguaggio e fantasia, un po’ come faceva Gianni Rodari con la lingua. 

Ascolto e composizione: l’importanza dell’espressione “imperfetta”

Accanto all’ascolto vi è un altro lato della creatività che è la produzione, sia sotto forma di improvvisazione che di vera e propria composizione sempre più articolata e complessa. Anche se questa pratica può sembrare piuttosto utopica nella sua realizzazione perché troppo specialistica, dobbiamo ricordare che essa è sperimentata dal bambino ben prima dell’attività scolastica, fin dai primi anni di vita: così come inventa con i colori, compone e manipola creativamente anche con i suoni, improvvisa impasti e combinazioni se posto di fronte ad uno strumento musicale. 

© Pau Morales _ Àcid jazz

Questi “scarabocchi” sonori, purtroppo, sono sempre stati considerati imperfetti e fuorvianti dalla didattica tradizionale, che si è sistematicamente preoccupata di bloccarli e reindirizzarli verso uno studio metodico, con effetto castrante e demotivante sul bambino. 
L’idea che il bambino sia un’imperfezione da condurre alla perfezione è dunque erronea: il bambino esprime assolutamente il proprio mondo, con parole, gesti, disegni e musiche. 

Dicendo queste cose non si vuol fare certo un’apologia dello spontaneismo; 
bisognerà invece partire da ciò che c’è di innato e pregresso nel bambino, che già a sei-otto mesi inventa le sue canzoni, i suoi musical babbling che con l’età divengono più articolati, strutturati e complessi.
Decidendo di costruire su queste manifestazioni spontanee, l’insegnante inviterà il bambino ad esplorare e riorganizzare i suoni, aiutandolo a sviluppare il proprio potere critico e le sue percezioni, accompagnandolo in ogni tappa del processo creativo che è, in fin dei conti, una situazione sperimentale, fatta di continue scelte, valutazioni e conferme. 

Queste considerazioni ci portano ad un’ulteriore questione fortemente legata alla creatività: l’espressività.
Molti insegnanti ne trascurano l’importanza, rimandandola ad un futuro lontano, dopo l’acquisizione perfetta della tecnica. Ma se i materiali e le tecniche sono “oggetti”, deve essere il soggetto a renderli materia viva attraverso la propria personalità. Solo così il bambino potrà evitare di vivere le sue prime esperienze musicali in modo arido, noioso e privo di significato, trovando senso in ciò che suona, vivendo così un’esperienza gratificante. 

L’educazione musicale per insegnare l’autonomia attraverso creatività ed espressività

Un’educazione alla creatività e all’espressività così impostata incentiva la capacità critica dell’alunno, esercitandone la sensibilità artistica «mediante l’ascolto critico e l’interpretazione sia di messaggi sonori sia di opere d’arte, elevando la sua autonomia di giudizio e il livello di fruizione estetica del patrimonio culturale»

Creatività ed espressività sono due facce di una stessa medaglia: l’autonomia
Si è autonomi se si apprende a decidere in proprio, a trovare soluzioni personali ed originali ai problemi. La scuola deve mirare ad educare ad essere, anzi, a diventare sé stessi, a sviluppare al meglio le proprie risorse e le proprie peculiarità fisiche, intellettive, affettive, etiche, a costruire la propria autonomia. 
Autonomia significa capacità critica, scevra di pregiudizi e conformazioni, soprattutto quelli imposti dai mass media, nel campo musicale più che mai. 

L’insegnante si spoglia della figura di dispensatore di soluzioni, facendosi tutor, lasciando agli allievi il compito di valutare da sé il processo compositivo, «che è poi il modo più corretto per abituare alla critica e per impossessarsi degli strumenti necessari ad una crescita culturale autentica». 

Esplorazione, ascolto, creatività, scelta, sono attività altamente educative: l’adulto di domani avrà più fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità creative e personali, saprà scegliere cosa ascoltare, le parole da usare, avrà meno paura dell’altro; saprà abitare un mondo in cui possono incontrarsi felicemente razze, culture, religioni, suoni e saperi. Una scuola in cui si impara a leggere, scrivere, far di conto e far di canto. 

© Pau Morales _ 3vents

Il mio sogno

Ho constatato quanto importante sia il coro, fra le attività ricreative di gruppo, dal punto di vista socio-educativo. Il canto corale infatti è, di per sé, un importante momento di aggregazione, socializzazione e condivisione di valori come l’amicizia, la solidarietà e l’impegno; la musica inoltre valorizza la creatività e la partecipazione promuovendo il senso di appartenenza a una comunità e l’integrazione tra culture diverse. 

Spero un domani di poter riuscire a formare un gruppo corale nella scuola per cercare di avvicinare alla musica un maggior numero di ragazzi e coinvolgerli a creare un ambiente dialogante con le altre culture rispettandone le differenze, per una società davvero inclusiva.

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