Il primo difensore della libertà di parola, a costo della sua vita, è stato Socrate, filosofo giustiziato nel 399 a.C. Prima ancora a Sparta sono state vietate diverse espressioni di poesia, danza e musica, considerate come incentivi alla corruzione della morale.
La censura nasce dall’esigenza di mettere dei limiti alla libertà di pensiero e di espressione, considerata una delle più importanti differenze tra un cittadino e uno schiavo. Nel corso della storia sono stati bruciati libri e persone che condividevano punti di vista differenti rispetto a quelli imposti degli organi di controllo.
La più grande autorità censoria nel Medioevo è stata la Chiesa, che aveva potere decisionale su quali idee fossero dannose o pericolose per la comunità e, con lo scopo di “individuare, giudicare e condannare gli eretici e distruggere ogni loro testo” (Treccani), ha creato l’Inquisizione.
Intorno al 1500, il processo di alfabetizzazione e l’invenzione della stampa hanno poi fatto sì che la censura assumesse una struttura sempre più rigorosa e organizzata, fino ad imporre il divieto di pubblicazione senza autorizzazione .
Dobbiamo arrivare fino al secolo scorso per la promulgazione del primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, che garantisce “libertà di religione, parola, stampa, riunione, ed esclude le possibilità di censura politica e religiosa”, così come per le lotte studentesche, la rivoluzione sessuale degli anni Settanta e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (parlando sempre di contesti liberal-democratici).
Oggi assistiamo tuttavia ancora alla manipolazione dell’informazione, al tentativo di censura di artisti che si espongono su tematiche politiche e sociali – e che oggi hanno internet come potente mezzo in supporto – e all’ostacolo dell’approvazione di decreti legge che tutelino uguaglianza e libertà.
C’è anche molta confusione sul concetto di “Libertà di espressione del proprio pensiero” (sancito dall’Art. 21 della nostra Costituzione).
Essere liberi di esprimere il proprio pensiero non significa poter minacciare, offendere, calunniare o denigrare la dignità di altre persone.
Per questo sono necessarie altre leggi che, allo scopo di proteggerli, delineino chi siano oggi, nella nostra società, i soggetti vulnerabili, e definiscano come reati le specifiche discriminazioni a loro dirette.
Se ieri erano imposti pensieri fascisti, oggi in Italia è reato promulgarli (Legge Scelba del 1952).
Se ieri esisteva il delitto d’onore per giustificare, ad esempio, l’uxoricidio, dal 1981 non è più così.
Il disegno di legge Zan, ostacolato anche dalla Conferenza Episcopale italiana (come da proprio comunicato stampa), è importante per lo stesso motivo.
Delineare come specifici reati punibili la misoginia, l’omostransfobia e l’abilismo, è un grande passo avanti nello sviluppo di un pensiero collettivo orientato verso il sempre più ampio rispetto e tutela dei diritti umani in ogni forma e aiuterebbe a chiarire la differenza tra cosa sia la libertà di espressione e cosa invece la lesione grave della dignità.
Ad Maiora,
il Sublimista
FOTO COPERTINA:
La morte di Socrate, Jacques-Louis David, 1787. Metropolitan Museum of Art, New York
Robert Mapplethorpe. Patto col diavolo al profumo d'orchidea | Il Sublimista
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