L’arte che vuole spiegare l’amore

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L’arte che vuole spiegare l’amore

Dal mito platonico delle metà, alle parole di Prévert. Dalle note di De André, al classico del cinema “Vi Presento Joe Black. L’arte al servizio dell’Amore, per celebrarne la veste romantica, il lato malinconico e la forza vitale.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende”
Dante, Divina Commedia, Inferno CantoV. Paolo e Francesca.

Amore: la ricerca del significato

Dal latino amoramoris, per definizione è quel sentimento che attrae e unisce due persone, quell’affetto reciproco che si manifesta con parole e gesti volti a procurare il bene dell’altro.

Per quanto basti sfogliare il vocabolario per trovarne una definizione, siamo sicuri di poter dare una spiegazione univoca e condivisa di cosa sia l’Amore?
Non siamo un po’ presuntuosi?

Ne abbiamo letti di romanzi, ascoltate di canzoni, visti di film con questo tema dominante: l’Amore. E cosa ne abbiamo tratto? Sicuramente che si manifesta in molteplici sfaccettature.
Non parlo comunque dell’amore materno, di quello fraterno o dell’amor proprio, ma dell’Amore tra due persone che, inspiegabilmente,
si trovano voler condividere l’esistenza.

Amore e Psiche di Antonio Canova
© Antonio Canova, Amore e Psiche

Platone e la ricerca della metà che ci completa

Dev’esserci un motivo inspiegabile che ci spinge a vivere a pieno il sentimento più nobile, l’unico capace di renderci così fortemente vulnerabili.
Dev’esserci del piacere lancinante, del piacere Sublime nel lasciarsi guidare da un’anima innamorata, razionalmente ingestibile, che sente costantemente il bisogno di incrociare lo sguardo dell’altra metà della mela.

Platone, nel Simposio, attraverso Aristofane ci racconta che un tempo gli uomini erano esseri perfetti, che bastavano a sé stessi per essere felici.
Zeus, geloso di questa perfezione, li divise in due, condannandoli alla perenne ricerca della propria metà, una ricerca necessaria per tornare a sentirsi completi.

Ecco, l’Amore ci fa sentire completi, forse è per questo che è impensabile vivere una vita senza.
Forse è per questo che, nonostante le delusioni, speriamo profondamente di incontrare il nostro compagno di viaggio, quel qualcuno che, ovunque, ci faccia sentire a casa.

Fabrizio De Andrè canta il mal d’Amore perduto

Ricordi sbocciavano le viole
Con le nostre parole
Non ci lasceremo mai
Mai e poi mai
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
Ma come fan presto, amore
Ad appassire le rose
Così per noi

L’amore che strappa i capelli
È perduto ormai
Non resta che qualche svogliata carezza
E un po’ di tenerezza.

Così canta De André ne “La canzone dell’amore perduto”. Canta il dramma dell’Amore che, prima o poi, finisce. Un dramma che non risiede tanto nella decisione di lasciare la mano dell’altra persona, quanto nel rendersi conto, guardandola negli occhi, che non esiste più quel legame di complicità fatto di affetto, attenzione, cura, condivisione; quel legame che, silenziosamente, custodiva l’essenziale. 

Amare è un rischio, ma nemmeno questa consapevolezza deve frenare il desiderio di vivere a pieno quanto di travolgente, irrazionale e vitale l’Amore stesso racchiude in sé.

Amare, indipendentemente.
Non è uno spreco di tempo, non è uno spreco di energie, non è uno spreco di Amore.

Amare nonostante il timore che possa esserci una fine, a prescindere dalla paura di non essere amati, a costo di patire, di soffrire fortemente.
accettare di soffrire per Amore perché significa che stiamo vivendo.

Cercare, accogliere, vivere una felicità delirante

Come non può essere definito Sublime ciò che si prova quando si è innamorati? 

Parlo di ciò che si prova quando si vive quell’Amore romantico che lega profondamente le anime di due persone, quando esiste quell’alchimia che porta a capirsi senza bisogno di parole, ad abbandonarsi a una pace assoluta tra le braccia dell’altro e soprattutto a sentirsi liberi di essere sé stessi.

Parlo di quelle emozioni che, nel film “Vi Presento Joe Black”, Bill (Anthony Hopkins) spinge Susan (Claire Forlani) a ricercare.

B. : «Voglio che qualcuno ti travolga, voglio che tu leviti, voglio che tu canti con rapimento e danzi come un derviscio.»
S. : «Ah, tutto qua?»
B. : «Sì, abbi una felicità delirante, o almeno non respingerla.»
S. : «Va bene. “Abbi una felicità delirante”. Vedrò di fare il possibile.»
B. : «Lo so che ti suona smielato, ma l’amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti dico: buttati a capofitto, trova qualcuno da amare alla follia e che ti ami alla stessa maniera. Come trovarlo? Be’, dimentica il cervello e ascolta il cuore. Io non sento il tuo cuore, perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, be’, equivale a non vivere. Ma devi tentare, perché se non hai tentato non hai mai vissuto.»

L’Amore è l’unica salvezza del mondo?

Chiudo con le parole di Prévert, recuperate da uno dei libri di poesia che leggeva papà quando ero piccola.
Prevert, il poeta che rende omaggio all’Amore vero, spontaneo, profondo, sempre ricercato in quanto unica salvezza del mondo.

Fermati là
Là dove sei
Là dove sei stato altre volte
Fermati
Non muoverti
Non andartene
Noi che siamo amati
Noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci

Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci diventare gelidi
Anche se molto lontano sempre
E non importa dove
Dacci un segno di vita
Molto più tardi ai margini di un bosco
Nella foresta della memoria
Alzati subito
Tendici la mano

E salvaci.

© Antonio Canova, Le tre Grazie

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