Ha ritratto attori come Matilda De Angelis, Vittoria Puccini e Cristiano Caccamo, ha firmato campagne per Tiffany&co, Gucci e Bulgari. Art Director e fotografo per il quale “la forma è sostanza”, nei suoi scatti ricrea mondi immaginari partendo dalla sua infanzia e da una nuotata in piscina.
Foto copertina: © Francesco Ormando, The white fox, and her lover.
Ricerca il sublime nelle zone di discomfort, nell’esclusività e nella differenziazione; fugge e si discosta invece dal mediocre, ovvero dalla standardizzazione, dal gusto collettivo e dalll’omologazione.
Le sue fotografie sono in grado di evocare emozioni e ricordi, sanno di intimità.
Il suo sguardo coglie il privato delle storie dei soggetti che ritrae, e lo rende pubblico, visibile all’osservatore che si lascia travolgere dalle emozioni delle sue fotografie.
Stupisce la quasi spontaneità nei suoi racconti, i quali in alcuni momenti sembra rievochino il mondo dei sogni e dei ricordi.
Chi è e da dove viene Francesco Ormando?
Sono un giovane fotografo romano, classe 1988, ho 33 anni e vivo a Roma.
Che studi hai realizzato e come hanno influenzato il tuo lavoro?
Sono un fotografo che lavora principalmente in Italia. Ho studiato mediazione linguistica alla Sapienza, inglese e spagnolo; dopo la laurea ho deciso di non proseguire gli studi e mi sono concentrato sul mondo della fotografia.
Parte della mia formazione iniziale è avvenuta in Spagna. Non era proprio la meta ideale rispetto al triangolo magico della moda, ovvero Milano-Parigi-Londra, mi ci sono ritrovato per caso e un po’ per fortuna. Lì ho avuto la possibilità di lavorare fin da subito in un’agenzia di modelle e quindi di interfacciarmi alla fotografia di moda.
A Barcellona non ho trovato un ambiente ostile, anzi, i proprietari dell’agenzia avevano 26 anni e nonostante qualche perplessità iniziale dovuta al mio portfolio poco professionale, hanno comunque deciso di incontrarmi. Con lo stesso portfolio a Roma non stavo riuscendo a lavorare e a crescere in quest’ambito.
Come nasce la tua passione per la fotografia e cosa rappresenta per te?
La mia passione è nata nei primi anni del liceo, quando sono andato alla mostra di una mia amica che aveva da poco iniziato a scattare foto.
Tornando a casa ho finalmente realizzato che fino a quel momento avevo perso tempo non dedicandomi alla fotografia: è stato un inizio romantico, con struggimenti romantici, e soprattutto tanta invidia.
Quel giorno ho capito definitivamente che nella mia vita avrei voluto fare il fotografo.
Prima mi dedicavo ad altro: mi piaceva scrivere, millantavo l’idea di fare lo scrittore o l’attore.
Dopo quella mostra, il desiderio bruciante che avevo era di esprimermi attraverso le immagini, che è
ciò che continuo a fare tutt’ora.
Che significato ha la moda nella vita di Francesco Ormando? Quanto è importante la moda nelle tue fotografie?
Il mio rapporto con la moda è un rapporto molto superficiale.
Non avendo studi precedenti in questo ambiente, o un interesse specifico per la materia, mi ci avvicino in punta di piedi. E’ un tipo di fotografia che amo per molti punti di vista perché mi permette di entrare in contatto con altri creativi e lavorare in team con un obiettivo comune.
Per me non si tratta mai solo un lavoro commerciale: è un modo di creare qualcosa di magico, carico di suggestioni provenienti dal mondo della mia infanzia, dai libri che ho letto o dai film che ho amato.
Per il momento va bene così. Sono acque in cui mi muovo bene.
In futuro credo che vorrò cambiare rotta e provare qualcosa di diverso: non evadere dalla realtà che vivo, ma raccontarla, con un approccio molto più sociale e politico.
Insomma: non escludo che si approdi al reportage.
Qualche settimana fa stavo sfogliando un libro di fotografie di Herb Ritts (In Equilibrio, @contrasto2016) e ho pensato proprio questo, leggendo le parole di Richard Gere, le prime che aprono la biografia:
“Le sue immagini erano calde e belle perché era così che vedeva ; così era lui. Ho sempre percepito una certa tristezza nelle sue foto, subito sotto la bellezza della superficie, come se i suoi soggetti sapessero che si trattava di qualcosa di effimero e, forse, senza significato”.
Non vorrei mai che in futuro il mio lavoro sembri senza significato, bello, ma fine a se stesso.
Per carità! Se dovessi effettivamente avvicinarmi al reportage, mi piacerebbe che le mie foto contenessero anche solo un briciolo della verità di quelle di Vivian Maier. Le amo tutte.
Combo perfetta tra forma e sostanza.
Come definiresti il tuo stile fotografico?
Evocativo. Mi piace immaginare una realtà “altra” in ogni mia singola foto, un mondo immaginario che si apre agli occhi di chi guarda il mio lavoro; ogni volta diverso, a seconda della propria sensibilità e della propria storia.
Qual è il tuo processo creativo?
Il mio processo creativo è abbastanza casuale: sono una persona molto istintiva, quindi mi piace improvvisare, sia nelle suggestioni che nel processo creativo pratico. Mi predispongo al fatto che succedano varie cose ma non le controllo totalmente.
Porto sempre molti props sul set, in questo modo non limito la mia creatività e sono preparato per ogni evenienza.
Per quanto riguarda la gestione del casting, della location e delle luci, sono sempre invece scelte ben definite e precise, mai casuali.
Che tipo di rapporto si crea tra Francesco Ormando e la persona fotografata? Il tuo carattere influisce nelle tue foto?
Sono una persona molto estroversa. Anche se le mie foto non tradiscono la mia esuberanza, ho un carattere allegro ed energico. Penso che la forza del mio lavoro venga proprio dal mio carattere perché con facilità taglio le distanze tra me e la persona che fotografo. Tendo sempre ad instaurare un legame abbastanza intimo con il soggetto, mi interesso della sua storia, e penso che l’interesse non venga poi tradito o risulti insincero nei miei lavori.
I set dove lavoro non sono mai silenziosi; se lo sono, potrebbe voler dire che c’è qualcosa che non va.
Qual è una giornata tipo di Francesco Ormando?
Le mie giornate tipo non esistono. Fare il fotografo freelance vuol dire non avere una regolarità.
L’unica regolarità che ho è nello sport, nel nuoto, che mi permette di avere qualcosa di fisso nel mio quotidiano. Infatti è proprio quando nuoto, come quando guido, il momento in cui riesco ad avere più suggestioni ed idee sulla fotografia.
Cos’è il Sublime per Francesco Ormando? Invece, cosa pensi dell’insignificante e del mediocre?
Trovare la propria strada, senza uniformarsi alla massa, per me è Sublime e rivoluzionario.
I social e il livellamento nella comunicazione che ne consegue incentiva il suo contrario, e non sto parlando solo di fotografia…
NOTA DI REDAZIONE:
L’intervista a Francesco Ormando è parte del progetto “RELATIONS“, di Valentina De Lisi, in esclusiva per il Sublimista.
RELATIONS è un progetto letterario, fotografico, artistico, sociale, sperimentale, dedito a ricercare il sublime, ma anche il suo contrario, ovvero l’insignificante all’interno delle relazioni tra gli esseri umani.
È una realtà nata per ricercare il sublime all’interno delle relazioni che gli esseri umani stabiliscono con gli ambienti, con gli oggetti del mondo circostante e con la propria memoria. Coinvolge nomi emergenti e non del panorama fotografico, artistico e della moda per riflettere su rapporti appartenenti alla vita quotidiana ma con significati profondi e spesso nascosti.
Racconta i lati più intimi delle persone, analizza le loro opere, condivide i loro luoghi e le loro emozioni, i racconti e i modi di vivere.
Ricerca il sublime applicato alla moda, il sublime che si cela nella memoria dell’abito, nella memoria di un profumo, in un ricordo, in un’opera d’arte e anche il suo esatto contrario.