Ha ritratto attori come Gianmarco Tognazzi, Maria Grazia Cucinotta e Laura Morante; ha firmato campagne per Laura Biagiotti e pubblicato editoriali per L’Officiel e Spaghetti Magazine. Fotografa di moda, per la quale la moda non è una passione, ci racconta perché, a volte, l’insignificante può essere sublime.
Si definisce “troppo giovane per risultare classica e troppo classica per risultare giovane”.
Ricerca il sublime, la fashion photographer Erica Fava, ma questo si rivela quasi sempre uno scopo irraggiungibile, è sfuggente e mutevole nel tempo. Mentre l’insignificante è per lei liberatorio al punto tale da scegliere location che nessun altro sceglierebbe mai.
Le sue fotografie sono in grado di cogliere attimi e momenti che altrimenti andrebbero persi per sempre, perché definiti superficiali da un occhio distratto.
Lo sguardo di Erica Fava coglie dettagli nascosti, ciò rende le sue foto degne di nota.
Alcuni scatti generano tensione nell’osservatore, il quale viene attratto quasi magneticamente fino ad arrivare a un senso di straniamento.
La distorsione delle immagini non fa altro che aggiungere emotività. Le sue fotografie trovano la loro dimensione nel racconto, sono in grado di trasmettere delle vere e proprie storie, narrano attraverso le immagini.
Ciò che colpisce è l’inaspettato, colto principalmente nelle foto spontanee.
Chi è e da dove viene Erica Fava?
Mi chiamo Erica e da quasi 20 anni mi occupo di fotografia.
Nasco a Roma in una famiglia metà danese e metà calabrese e fin da piccola resto affascinata dal mondo della creatività in generale.
Come nasce la tua passione per la fotografia e cosa rappresenta per te? Perché hai deciso di concentrarti sulla fotografia di moda?
La passione viene dalla noia di un percorso di studi (forse) sbagliato per me.
Ho fatto ricadere tutte le mie energie in una forma di arte e divertimento nuova e sconosciuta (per me) che mi permetteva di frequentare molte persone e venire a contatto con loro in maniera molto diretta per pochissimo tempo, per poi perderle definitivamente.
La moda arriva grazie alla soffiata di un collega che nota i miei scatti delle Drag Queen durante uno spettacolo, e mi consiglia di provare con una “modella vera”. E’ stato amore a prima vista, divertente, stimolante.
Che significato ha la moda nella vita di Erica Fava? Rappresenta il carattere di una persona, “la personalità veste il corpo” o “l’abito non fa il monaco”?
La moda è il mio lavoro ma non è assolutamente la mia passione.
E’ un mondo che ho incontrato per caso durante la mia ricerca fotografica e da circa dieci anni collaboriamo, non sempre ci capiamo, ma cerchiamo di far funzionare la nostra relazione. La moda è quasi assente dalla mia vita fuori dal set, sono una persona che veste piuttosto male e preferisce la comodità allo stile.
Qual è stato il percorso di studi di Erica Fava? Come definisci il tuo stile fotografico?
Durante gli anni dell’università trovo un diversivo alle terribili lezioni di matematica e grazie ad un corso universitario di storia della fotografia mi interesso a questo mondo e inizio a sperimentarne le tecniche con l’aiuto di amici e parenti.
Non ho mai frequentato corsi di fotografia, mi sono data tanto tempo ed ho imparato tutto quello che so dall’esperienza.
Ho una frase che descrive bene il mio stile: “Troppo giovane per risultare classica, troppo classica per risultare giovane”.
Pensi di essere stata influenzata dall’ambiente in cui sei cresciuta? La tua casa e il tuo vissuto quanto influiscono nei tuoi lavori? I tuoi ricordi influiscono?
Tutto quello che siamo e siamo stati influisce nei nostri scatti. Soprattutto nel momento di buttare giù un’idea nuova, affondiamo nella nostra memoria.
La mia casa, la mia famiglia, gli amici del liceo, le persone che ho conosciuto nel mio percorso, le persone che non frequento più, i viaggi che ho fatto, la musica che ho ascoltato e quella che ascolto ancora… tutto questo influisce costantemente nella mia produzione.
Dove prende ispirazione Erica Fava per creare i suoi editoriali? C’è un luogo in cui ti senti più ispirata? Pensi sia importante la location per un editoriale?
L’ispirazione arriva quasi sempre dopo una giornata produttiva, mi siedo finalmente al computer ed ecco lì… arriva un’idea nuova.
Il mio studio è il luogo dove sono al sicuro, dove devo pensare solo alla fotografia e posso concentrarmi.
Tutte le mie idee per editoriali nuovi partono sempre dalla location. Amo scegliere luoghi inusuali, luoghi che nessuno reputerebbe “interessanti”. Lo studio mi annoia, raramente gli scatti in studio mi soddisfano.
Tra tutti i lavori che hai realizzato, c’è un editoriale che senti più tuo, più personale?
Ad oggi, questo rimane uno dei miei preferiti: AREA00010 for L’Officiel Baltics.
Se me lo richiedi domani, probabilmente ti rispondo diversamente… dipende molto dal mio umore, ho pareri altalenanti sulla mia produzione.
Cos’é il sublime per Erica Fava? Qual è il lato sublime di una tua fotografia, cosa ti differenzia dagli altri fotografi?
Il sublime è uno scopo irraggiungibile.
Durante la fase di post-produzione ho l’occasione di lavorare a stretto contatto con i miei scatti, li seleziono e ogni tanto trovo delle perle che ritengo abbiano raggiunto il sublime. La gioia è immensa, sento di aver trovato qualcosa di raro e irripetibile. Spesso però, dopo alcuni giorni rivedendo gli stessi scatti, non ritrovo più quella caratteristica, tornano ad essere “morti” come gli altri ed entro quindi in una fase di rigetto ed odio per il progetto.
Non saprei dire cosa mi differenzia dagli altri colleghi, molti mi dicono di saper riconoscere un mio scatto alla prima occhiata, non so se è vero, come dicevo prima vivo momenti e umori alterni con la mia produzione fotografica.
Hai un tipo di relazione sublime nella sua vita?
Con le relazioni sono più fortunata, ho una famiglia che raggiunge il sublime giorno per giorno, costantemente. Non potrei mai fare a meno di loro.
Invece, cosa pensa Erica Fava dell’insignificante e del mediocre?
Parteggio da sempre con il mediocre. E’ uno dei voti che ho collezionato di più durante la mia carriera scolastica. Spesso mi ci sento ancora. Abbiamo bisogno dell’insignificante, spesso è liberatorio.
NOTA DI REDAZIONE:
L’intervista a Erica Fava è parte del progetto “RELATIONS“, di Valentina De Lisi, in esclusiva per il Sublimista.
RELATIONS è un progetto letterario, fotografico, artistico, sociale, sperimentale, dedito a ricercare il sublime, ma anche il suo contrario, ovvero l’insignificante all’interno delle relazioni tra gli esseri umani.
È una realtà nata per ricercare il sublime all’interno delle relazioni che gli esseri umani stabiliscono con gli ambienti, con gli oggetti del mondo circostante e con la propria memoria. Coinvolge nomi emergenti e non del panorama fotografico, artistico e della moda per riflettere su rapporti appartenenti alla vita quotidiana ma con significati profondi e spesso nascosti.
Racconta i lati più intimi delle persone, analizza le loro opere, condivide i loro luoghi e le loro emozioni, i racconti e i modi di vivere.
Ricerca il sublime applicato alla moda, il sublime che si cela nella memoria dell’abito, nella memoria di un profumo, in un ricordo, in un’opera d’arte e anche il suo esatto contrario.
Fred M.
Bellissimi scatti e interessanti spunti di riflessione!
Valentina De Lisi
Sono molto felice che le sia piaciuto!!
Valentina T
Sublimi gli scatti e altrettanto sublime l’intervista. Complimenti
Valentina De Lisi
La ringrazio molto!