Il Corviale: il sogno incompiuto di un Architetto utopista

|

Il Corviale: il sogno incompiuto di un Architetto utopista

Un sofisticato progetto degli anni settanta: l’ambizione sociologica di un’opera che voleva portare il concetto di “abitare sano” alla periferia di Roma. Da monumento democratico e progressista a simbolo mitologico del degrado urbano. Il fascino e la storia di una grande idea, spiegati da un Architetto.

Il Corviale: perché è importante conoscere quest’opera

Durante i miei studi come Architetto, nel 2006, il Corviale è stato oggetto di un mio saggio.
Quello che mi incuriosiva era il fatto che questo progetto utopistico, quest’ambizione sociologica, che voleva creare le condizioni di un “abitare sano” nella periferia degradata di Roma, era fallito, ma era interessante studiarne le cause.
Poi, nel 2014, è uscito il film “Scusate se esisto”, con Paola Cortellesi nel ruolo di un’architetta sfruttata a finta partita iva, e di un amico imprenditore che scopre gay dopo aver fondato una famiglia, che parla del progetto “Chilometro Verde”, che dovrebbe riqualificare il Corviale e che sta decollando lentamente.

Ho deciso, quindi, di tornare al parlare del tema, con un occhio diverso, quello di un architetto abilitato e con la passione per la politica, che può trattare in modo diverso il tema del fallimento di un’utopia abitativa.

Il Corviale: l’utopia progettuale dell’Architetto Mario Fiorentino

Il progetto del Corviale avrebbe previsto una grande unità abitativa con cinque spazi verdi, tre blocchi relativi ai servizi di base (con asilo nido, scuola materna ed esercizi commerciali di prima necessità), e un piano d’ingresso corredato da botteghe di artigiani, studi professionali ed ambulatori medici.
Gli alloggi sarebbero stati divisi in cinque unità, comprensive di una piazza per l’ingresso e lo smistamento, per le riunioni condominiali e le attività sociali.
L’idea era quella di integrare residenze e servizi e fornire spazi e contesti per le attività extrascolastiche ai giovanissimi, con un intero piano di servizi, centri sportivi e un teatro.

Così l’aveva pensato Mario Fiorentino, e con parole suggestive e coinvolgenti raccontava il suo sogno utopistico: un quartiere in un unico edificio, lungo un chilometro.
Era un progetto ambizioso che voleva elevarsi dalla mediocrità dei tentativi precedenti di edilizia popolare, una “lezione” di architettura moderna.
Non si trattava di un progetto dialogante col contesto: al contrario doveva emergere e differenziarsi dal contesto: un vero e proprio monumento democratico e progressista rivolto ai cittadini svantaggiati ed esclusi dal mercato dell’edilizia.

La morte di Mario Fiorentino: l’Architetto suicida e il progetto del Corviale incompiuto

Il progetto è rimasto inconcluso, un nato postumo di un architetto suicida, deluso dal fallimento della sua scommessa utopistica, e oggetto di discussioni di professionisti e giornalisti, che l’hanno denominato talvolta capolavoro, talvolta aberrazione, e ciò ha reso il Corviale un simbolo controverso, portatore di valori contraddittori.

Il Corviale, sorto sul crinale di una collina ed alto nove piani, più due di cantine e un seminterrato, ed ospitante oltre 1200 appartamenti in cinque corpi, è una citazione alle antiche mura della città, e separa città e campagna, come se volesse contenere l’esplosione della Metropoli, una macchina dell’abitare che cita i maestri Gropius e Le Corbusier.
È una struttura in cemento armato con tramezzi prefabbricati in gesso.

il corviale roma la facciata

Il Corviale di Roma: storia e spiegazione del progetto

Il tutto inizia nel 1968, per una carenza di scuole nella zona del Corviale.
Mario Fiorentino, che si era distinto per i quartieri di Ina-Casa e del Tiburtino, riceve l’incarico nel ‘75.
Segue uno studio dei bisogni e delle aspirazioni che dura quattro anni.

I servizi vengono sovradimensionati di tre volte per servire tutto il quartiere, e vengono fissati nove punti cardine:
– struttura portante in cemento armato o acciaio
– grandi vetrati
– precisione nei calcoli strutturali
– circolazione facilitata
– sobrietà
– angolo retto come strumento linguistico
– modernità
– tetto/terrazza
– nuova reinterpretazione dei materiali.

Già Mario Fiorentino aveva capito che il successo dell’opera sarebbe stato legato alla gestione, che non avrebbe dovuto essere paternalistica. Si opponeva all’uso di metodi ormai collaudati dell’edilizia economica, e rivendicava la sperimentazione. Ad un liceo rispose:

“Mi ricordo che Ridolfi, che è stato il mio maestro, mi diceva sempre quando fai il progetto per un cliente (e le Case Popolari sono un cliente come un privato),senza dirglielo devi sempre fare un esperimento, perché in effetti queste sono delle occasioni in cui si possono fare degli esperimenti.”

Mario Fiorentino

Il Corviale dopo la morte del suo Architetto

Nell’82, a sette anni dalla posa della prima pietra, Fiorentino muore d’infarto, anche se le voci lo vogliono suicida. Molti inquilini entrano a lavori non completati, vi sono numerosi sfratti, ascensori non funzionanti (dentro uno dei quali muore un anziano). Il clima politico cambia e il Corviale diventa l’orfano di un periodo storico ormai cessato.

Nell’83, 700 famiglie, sloggiate dall’edificio, vi si accampano di fronte, creando una baraccopoli infestata da pidocchi e malattie a causa della scarsa igiene. Girano aneddoti particolari, come quello di un barbiere che andava in giro tra le tende per debellare i pidocchi tramite sciampi e rasature.

Vi è poi una seconda occupazione, quella del quarto piano, in cui gli occupanti “costruiscono” il piano tramite pannelli e tramezzi. Sono famiglie italiane, arrivate lì per amicizie e parentela, trentenni in fuga da coabitazioni infelici con i genitori, arrivati al Corviale da assegnatari. Tutti hanno luce, gas e telefono, e hanno spostato lì la residenza.

Negli anni arrivano arrivano dei servizi di fortuna, un poliambulatorio autogestito, un posto mobile di polizia, una succursale della scuola media Fratelli Cervi, ma non durano.
Dopo numerosi stupri di minori ed omicidi, e a causa della pessima fama dovuta alla Stampa, si inizia a parlare di demolizione.
Nonostante tutto ciò, il Corviale è ancora lì.

il corviale roma interni del serpentone

Il Corviale per chi lo vive

Oggi, il Corviale, con le sue 120 famiglie, è il simbolo “mitologico” del degrado urbano.
Il piano “dei servizi” è stato occupato, ed è attraversato da un lungo corridoio, pista per i motorini. Nessun vero spartiacque tra abusivi ed assegnatari. 6000 abitanti e mai una riunione di condominio.
Qualcuno ha previsto cancelletti che separino abitazioni e piani, che eliminino i ballatoi percorribili per tutta la lunghezza, sgraditi ai residenti.
Queste iniziative di privatizzazione non sono le uniche: gli abitanti hanno personalizzato i singoli alloggi per sentirlo proprio, e gli “abusivi” del quarto piano hanno letteralmente progettato da soli le proprie abitazioni.

Per molti il Corviale è solo l’esasperazione dei conflitti, della concentrazione del malessere, della depressione della qualità della vita.
Per altri, il Corviale è uno dei nomignoli con cui viene appellato: casa/chilometro, serpentone, ghetto, inferno metropolitano.
Gli abitanti sono emarginati persino dai dirimpettai, anch’essi abitanti di una zona degradata.

Il Corviale di Roma degrado

Il Corviale. C’è qualcosa di positivo in questa esperienza?

Alcuni abitanti indicano dei lati positivi: la vicinanza al verde e alla campagna, il poter essere in centro in mezz’ora di autobus. Sottolineano che il vero problema è che l’opera è rimasta incompiuta.
Se fosse stata portata a termine, avrebbe avuto spazi verdi, un piano inteso come una “via pubblica interna” animata da commercio ed artigianato. Il mito del Corviale ha fascino nei suoi abitanti.
Chiedono il completamento, non la demolizione, anche solo con un terzo dei servizi previsti.
Dal punto di vista urbanistico, è ormai un’importante traccia sul territorio, che dà riconoscibilità, e storicità, diversamente da quanto accade in tante periferie anonime.

Che il Corviale piaccia o meno, è certo che l’amministrazione romana sia stata, e sia, incapace di far funzionare una macchina dell’abitare così sofisticata.

Autore: Irriverender

Il Corviale murales interni
© urloweb.com

NOTE BIBLIOGRAFICHE:

“Il Corviale e il problema della concentrazione delle residenze”

Comments (11)

  • caro architetto, la ta analisi è onesta. Molto tempo prima del 2006, quando facevi saggi su Corviale, anche nella facoltà di ingegneria (dopo il famigerato biennio) , noi “edili” dei primi anni 70 ci profondevamo in progetti di recupero urbano (ex mattatoio Testaccio, ex mercati generali Via Ostense) , Spinaceto era il simbolo di nuova architettura a scala urbana, per una Roma non palazzinara. Tutti disegnavamo unità d’abitazione chilometriche, infarcite di servizi a scala territoriale ed urbana. Per me, tutto crollò nell’estate del 1973 quando , speranzoso, visitai dall’interno (ospite di un amico) l’unità di abitazione di Le Corbusier a Marsiglia . Degrado, tristezza, asocialità, fin anche sul “progetto palestra” sul tetto, i servizi interni ed i negozi privati dei grandi corridoi centrali. Negli anni 80 , poi,….finì proprio quella idea di progettualità . Sono passati quasi 50 anni …l’ex mattatoio è ancora lì, abbandonato al degrado.
    Ma le villettine con il cancello automatico e la piscina si sono moltiplicate , anche ad Acilia. Si vede che doveva andare così, complice un PRG arraffazzonato ed una classe politica capitolina inetta.

  • Mbe’, sì, l’unithe d’abitation. Niente da fare. Se lo fai vedere a un ragazzo di quinto liceo, ti risponde “Prof, ce l’abbiamo anche noi, Le Vele, il
    progetto è pure più bello”. Punto. Fine dell’utopia. Sono solo case popolari, alloggi impersonali costruiti con materiali a basso costo. Bassissimo. Hai voglia a ripensare. Avoja. Pensa e ripensa, sempre alveari sono.

  • È l’esatto contrario della Rosta Nuova (via Wybicki) a Reggio Emilia.
    Lì si sono costruite vie, ciclopedonali, verde e servizi (scuole, sport, biblioteca) prima ancora di costruire i palazzi.
    Adesso è diventata una zona ambita e quasi tutti gli alloggi sono stati riscattati.

    • Frutto dei tempi. Ampiamente storicizzato. Interessante soggetto di indagine. Tuttavia, senza entrare in dettagli, tutti molto interessanti, il fallimento dei grandi edifici collettivi sembra essere riconducibile ad una errata valutazione psico sociologica e ad un eccessivo ottimismo ideologico. Per non parlare di dinamiche socio economiche del tutto trascurate. Ricordo le considerazioni di Giulio Salierno su architettura e comunità disciplinare, il carcere. Salierno in alcuni passaggi della sua opera toccava la questione mettendo decisamente in secondo piano la questione architettonica, orientando le sue considerazioni più salienti sul piano normativo, dei comportamenti e delle realazioni umane. Comunque l’esperimento socio architettonico, sebbene piuttosto costoso sotto ogni punto di vista è utile per non farlo di nuovo.
      Infine ricordo che LC ha spesso manifestato ammirazione e propensione collaborativa con regimi autoritari, rossi o nei purchessia. La cosa dovrebbe far riflettere.

  • Bisogna essere molto molto positivi per definirla un’opera. Anche completata sarebbe stata comunque una orrenda muraglia di cemento armato che deturpa la campagna circostante

  • Mah, è sempre stato un mostro… ricordo bene l’angoscia della prima volta che lo vidi nel 1985, ancora in fieri, cemento nel nulla, nessun albero, nessun servizio… neanche Pasolini avrebbe potuto immaginare un simile squallore… oggi a confronto è quasi accettabile

  • Gianfranco Biancofiore

    Salve sono Gianfranco B. un musicista e abito in via del Casaletto e dinanzia al mio condominio ho dirimpetto anche io un piccolo residence costruito dall’architetto Fiorentino nei primi anni 80 quando sono venuto ad abitare in via Roberto Alessandri. Ho sempre saputo e visto Corviale dal mio terrazzo in lontananza e ho suonato nella galleria d’arte il Mitreo Iside di Corviale nel 2008 durante la Notte Bianca di quell’anno dovuta al sindaco Veltroni. Capisco tutto ciò che state dicendo sui disagi di Corviale e lo conosco fin da quando esiste anche se non saprei come contribuire meglio che con la mia musica e con il mio insegnamento. Ho saputo della giovane scrittrice romana Cecilia Lavatore che ne parla nel suo primo romanzo,vorrei conoscerla ma non so come fare. Grazie per l’opportunità che mi date per dirvi il mio pensiero.

  • salve, sono un abitante di corviale. trovo nel suo articolo alcune inesattezze che mi fanno pensare che lei corviale se lo ricorda poco, se lo conosce davvero. per dire:
    1)non esistono due piani cantine, le cantine stanno lungo il corridoio ad altezza strada. sotto, seminterrati, ci sono i posti auto, senza cantine;
    2)le parti prefabbricate sono quelle in cemento, le parti in gesso sono normali pannelli standard;
    3) vorrei sapere di più sui “numerosi stupri di minorenni”, non ne ho mai avuto notizia e stento a trovarne tuttora, pur provandoci.
    4) il piano servizi che è stato occupato non è percorso da nessun corridoio, che come detto si trova al piano stradale. scritto così sembra che sfreccino motorini al quarto o quinto piano, non è così.
    5) corviale non ha dirimpettai, sorge su una collina appunto, di fronte ha orizzonte libero. a meno che non ci si riferisca a casetta mattei, che diciamo è la zona più prossima, ma non la trovo poi così degradata composta com’è per la maggior parte da palazzine di tre quattro piani. a chi si riferisce l’articolo???
    vorrei inoltre far notare che le “voci” che vogliono il progettista suicida sono alimentate anche da frasi come quella tra le prime righe (“Il progetto è rimasto inconcluso, un nato postumo di un architetto suicida, deluso dal fallimento della sua scommessa utopistica”).
    ultimo ma divertente: cosa centra l’amministrazione comunale “incapace di far funzionare una macchina dell’abitare così sofisticata”? la materia era compito della provincia (con ICP e poi IACP) ed ora della regione (con l’ATER). boh…
    evito di commentare o tentare di indovinare chissà quali scopi nascosti in questo articolo, spero che non ve ne siano. per il resto è pieno di fatti veri o verosimili, non discuto. e la tesi finale sul fatto che ormai è un impronta ben definita sul territorio ed abbia una sua propria forte identità mi trova perfettamente d’accordo.
    però la forma vuole la sua parte, e questo articolo non mi piace, sembra troppo contorto e raffazzonato.

    • Salve
      l’articolo è un estratto di una tesina che ho fatto circa vent’anni fa, a circa vent’anni, quando ero studente del Politecnico di Milano.
      Il tema è stato assegnato dal docente e ho utilizzato le fonti della biblioteca del Politecnico di Milano.

      La tesina originale riportava anche le fonti. Potrei averla conservata in un floppy disk, che potrebbe essere in cantina o non esserci più, visti i vari traslochi.
      Le fonti parlavano di tutti i fatti citati, stupri compresi.

      Mi dispiace non poter dare altre informazioni, visto che sono passati 20 anni. Ho fatto questa tesina solo perché il docente mi ha assegnato il tema: senza le sue lezioni non avrei saputo dell’esistenza del Corviale.

      Ci sono molti quartieri in cui avvengono violenze sessuali, forse anche in quello dove vivo io, e forse la stampa ne parla, ma la cosa non mi preoccupa, quindi non capisco perché se ne preoccupa così tanto. Le fonti parlavano di questi stupri avvenuti nel passato (quindi se la tesina è di 20 anni fa, gli stupri risalgono ad ancora prima) e non facevano nomi, quindi nella mia tesina non ho riportato nomi.

      Posso consigliare di consultare la bibliografia del Politecnico di Milano sul tema Corviale. Non so se hanno ancora il materiale di 20 anni fa.

      La saluto.

  • Devo dire che mi ero fermato a leggere l’articolo quando si diceva: “Il progetto è rimasto inconcluso, un nato postumo di un architetto suicida,”, perché si ribadiva la bufala. Poi in effetti continuando a leggere, si cambia quanto detto all’inizio, e viene detto che Mario Fiorentino è morto di infarto. Non capisco il motivo delle 2 versioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Le nostre collaborazioni

  • biennale della fotografia femminile mantova
  • immagini in movimento bergamo
  • Milano Sunday Photo cascina cuccagna
  • musa scuola fotografia monza milano
  • progetto genderqueer no binary
  • enbypost
  • SupportArt dress like a pieece of art
  • irriverender

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato sulle pubblicazioni e sulle attività de Il Sublimista® iscrivendoti alla Newsletter, così da ricevere missive periodiche con contenuti Sublimi.

Il Sublimista® è un progetto letterario e fotografico nel quale cultura ed estetica coesistono, complementandosi.

Attraverso conversazioni con artisti, approfondimenti su libri, cinema, storie, luoghi, musica, moda e lifestyle vuole ispirare la ricerca del sublime.

Instagram


Il Sublimista® non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto, non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della Legge n. 62 del 7.03.2001. Le opinioni espresse su Il Sublimista® sono interpretazioni personali degli autori e non hanno lo scopo di offendere o danneggiare alcun individuo o categoria. Gli autori non sono responsabili per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ai post. Faremo comunque del nostro meglio per gestire i confronti in un’ottica sempre costruttiva.

© Manuela Masciadri
Copyright | Privacy Policy | Cookie Policy | Aggiorna le impostazioni di tracciamento della pubblicità

Design & Dev: La Fabbrica dei Mondi