Come vive gli anni scolastici una persona con un’identità differente rispetto a quella anagrafica? Si può chiedere di essere chiamati con il nome scelto? La burocrazia, che propone la “Carriera Alias”, è un supporto? La realtà accademica spiegata attraverso la storia di Andrea, studente ftm “troppo femminile”.
Foto copertina: Manuela Masciadri.
Cos’è la carriera alias: le prime università ad averla resa possibile
La carriera alias è una procedura burocratica che crea un legame tra il nome anagrafico e il nome scelto (nome d’elezione) della persona transgender e non binaria in modo da permetterle di completare gli studi nel rispetto della propria identità di genere e in modo che la sua privacy sia garantita.
In Italia l’ateneo pioniero è stato quello di Torino, che ha una procedura dal 2003, seguito da Palermo, Catania; Bari, Milano, Padova e Verona.
Purtroppo, alcuni atenei, come UniRoma, richiedono un certificato che “attesti la disforia di genere”, e quindi non viene riconosciuta l’autodeterminazione della persona, ma si fa riferimento ad un esterno, un professionista, spesso eterosessuale e cisgender, che rilasci un “attestato”.
Carriera alias: spesso viene richiesto un certificato…e l’autodeterminazione?
Ciò, è in contrasto con la direzione che si sta prendendo a livello internazionale, ovvero quella della completa depatologizzazione della condizione transgender.
«Transessualità, transgenerità e non conformità/incongruenza di genere non sono più patologie mentali per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Infatti, durante la 72° Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), in corso dal 20-28 maggio 2019, l’OMS ha ufficialmente adottato l’undicesima revisione della classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari connessi (Icd-11), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. A partire da tale data, l’incongruenza di genere rientrerà tra le condizioni della salute delle persona». Chiarisce Laura Caruso, attivista di Acet.
Italia ed autodeterminazione: diritti solo per i percorsi transgender binari e medicalizzati
Chissà quando l’Italia si adeguerà ai nuovi protocolli internazionali. In Italia, dove è in vigore la legge 164/82, gli unici percorsi che conducono al cambio anagrafico, ovvero alla possibilità di avere nome e genere d’elezione sui propri documenti, sono quelli medicalizzati (la persona deve essere in terapia ormonale) e binari (la persona deve dichiarare un’identità di genere completamente aderente al maschile o al femminile).
Carriera Alias: a volte non basta nemmeno una certificazione esterna: la storia di Andrea, uno studente ftm (Female to Male) che lotta per la sua identità
A volte, persino un certificato rilasciato da un professionista è sufficiente ad avere un riconoscimento.
E’ il caso di Andrea, studente transgender del liceo Cavour.
Chi ha respinto la sua richiesta di identità alias, non rispetta i suoi pronomi e lo costringe a vedere il deadname (nome anagrafico) sulla lavagna digitale (lim) pensa che lui sia “troppo femminile”.
Chissà se questa idea è legata al fatto che ha un partner, e non una partner, o al fatto che, come tanti ragazzi alternativi, sull’onda dei Maneskin, fa uso di cosmetici.
Andrea lotta con i suoi compagni e compagne del Cavour: gli auguriamo in bocca al lupo
I rappresentanti degli studenti del liceo Cavour da anni provano a proporre lo strumento della Carriera Alias, e supportano Andrea nella sua battaglia per il rispetto della sua soggettività.
Andrea non si arrende, racconta la sua storia tramite video che hanno la forza di diventare virali, cerca la solidarietà nella comunità LGBT e noi non possiamo fare altro che fargli un grande in bocca al lupo nella speranza che la sua scuola acquisisca gli strumenti per fornirgli la carriera alias e smetta di giudicarlo tramite stereotipi legati al’orientamento sessuale e all’espressione di genere.
Patrizia Carrieri
Trovo giusto che si applichi la Carriera Alis. Bisogna rispettare tutte le persone, e capisco Andrea il disagio che ha nel vedere il suo nome sulla lim.