Jep Gambardella. L’apparato umano nella Grande Bellezza

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Jep Gambardella. L’apparato umano nella Grande Bellezza

Paolo Sorrentino ci regala un nuovo Virgilio, uno spirito guida versione viveur. Raccontantoci gli esseri umani e i loro rituali sociali, la voce lenta e decadente di Toni Servillo ci invita a guardare il mondo togliendo gli occhiali del cinico osservatore.

La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.”
Jap Gambardella

Per un ritardatario cronico come me, aver preceduto i tempi è stata una sorpresa incredibile. Aver anticipato la lezione di vita di Jep Gambardella è stato qualcosa di cui andare fieri, con non poca superbia.
Raggiungere una tale consapevolezza circa 40 anni prima di compiere sessantacinque anni è stato uno stigma che ha segnato inevitabilmente la mia vita sociale.

A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: “La fessa”.
Io, invece, rispondevo: “L’odore delle case dei vecchi”.
La domanda era: “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?”

Jep Gambardella, col senno di poi, parla a tutte le generazioni. Parla all’adolescente che non si rispecchia nel divertimento conformato e negli obiettivi di affrancamento sessuale; al giovane adulto che trova stancante il chiacchiericcio da aperitivo, o, ancor peggio, da distributore automatico in ufficio; al coetaneo (suo) che osserva svanire la scia di parole, convinzioni e certezze lasciata dal suo cammino sul bagnasciuga.

Jep Gambardella
Jep Gambardella in “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino

Jep parla all’uomo e parla dell’uomo, parla alla nostra inconcludenza, all’intelligenza frustrata prestata a conversazioni frivole, ai traguardi tanto agognati che si rivelano essere solo un nastro abbandonato dietro di noi. Lo fa con disincanto, con una leggerezza disarmante, mette a nudo le velleità che aiutano a campare e le stronca senza mezze misure.
A salvarlo (e a salvarci) è solo l’ironia, e la sua è affilata come un rasoio, un’arma contro la miseria quotidiana dello sfarzo forzato. Una nota di colore che non risparmia nemmeno se stesso, mantenendolo sempre in equilibrio tra serio e faceto, non prendendo seriamente nessun interlocutore.
Artisti, scrittori e attori diventano semplicemente ricchi annoiati che non vogliono ammettere di essere personaggi in cerca d’autore, figure sbiadite che nell’opera di autoconvincimento lottano costantemente con lo spettro dell’autocommiserazione.

Ho percepito il ruolo di Jep Gambardella come spirito guida e anima affine nell’osservazione degli altri esseri umani e nei rituali sociali. Uno sguardo lucido e freddo che analizza spostamenti, pose e dialoghi senza parole. Uno spaccato di prossemica riflessa tra le vetrine dei negozi, gli specchi delle discoteche e l’acqua delle piscine nei luoghi di vacanza per antonomasia.
Spostando le foglie fatte di trucco, tacchi, sigarette, mocassini e pantaloni colorati, emerge un sottobosco fatto di incertezza, desiderio di approvazione e paura di riversare il proprio lato umano nel mondo così com’è, con il rischio di sbattere in modo fatale sugli scogli del giudizio altrui.

Jep Gambardella in “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino


Il nostro Virgilio, versione viveur, ci guida tenendoci per mano in questo viaggio alla ricerca di un tempo dimenticato, il tempo in cui ogni momento era carico di stupore e di una sensibilità che dava un sapore diverso a ogni morso avido dato alla vita.

Un tempo dominato dalla paura dell’ignoto e dalla voglia di spingersi oltre i propri limiti, dal terrore che anticipa il primo passo e dalla percezione del sublime che supera e mescola i sensi in un unico istante.
La bellezza del primo sguardo che oltrepassa gli occhi e incide l’anima.

Riscoprire quell’animo che giace sopito dentro di noi è il solo modo per liberarsi dalla maschera del figurante di un film dai dialoghi banali o togliersi gli occhiali del cinico osservatore. Il solo modo per ascoltare il silenzio eloquente e chiudere le orecchie al rumore fatto di parole lanciate a colmare un buco nero che aspira il tempo.

Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla.
È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura.
Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.

“La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino

Comments (2)

  • Valerio questa è senza alcun dubbio una delle letture più belle che abbia mai fatto nel web. Trascinante e amaramente veritiera racconta con onestà lo spaccato di un’opera cinematografica destinata a lasciare il segno in tutti coloro che saranno capaci di comprenderla. Grazie per aver reso questo sforzo più semplice. Silvia

    • Grazie mille Silvia per queste parole, penso che la mia sia solo una delle possibili interpretazioni di quest’opera che ha davvero numerosi livelli di lettura. Sono lieto di aver incontrato il tuo punto di vista affine e spero di avere altri momenti di confronto su queste pagine. Grazie ancora,
      Valerio.

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