Il Sublimista inaugura la collaborazione con l’unica Biennale della Fotografia Femminile al mondo, con un’intervista esclusiva ad Anna Volpi, Presidente, Chiara Maretti, Vice-Presidente e Alessia Locatelli, Art Director. Dai valori condivisi alla missione per l’edizione 2022. Com’è e come sarà capace l’essere umano di gestire le sue eredità?
Foto copertina: Claudia Amatruda, premio musa 2020 (taglio originale nel testo).
Nel 2018 fondate l’Associazione Culturale “La Papessa”, che come attività principale sceglie di dar vita alla prima e unica Biennale della Fotografia Femminile. Quale sentite essere la vostra missione?
Anna Volpi e Chiara Maretti:
La missione della Biennale della Fotografia Femminile è contribuire a creare uno spazio per portare l’attenzione sulla fotografia femminile, ma non solo.
Ci siamo rese conto che, da sempre, vediamo la storia raccontata prevalentemente da uno sguardo, una penna, una voce maschile, bianca, occidentale, abile, cisgender, eteronormata, dando così un’interpretazione incompleta su molti livelli.
Nei musei e nelle riviste manca una ricerca più ampia, che dia una prospettiva olistica sul mondo e sulle sue culture. E più indaghiamo per rilevare numeri e dati che dimostrino questo divario, più ci rendiamo conto che le cose fanno fatica a cambiare nel grande sistema. Per questo stiamo lavorando per includere col tempo anche l’operato di tutte le categorie e le minoranze discriminate da questa selezione.
Nella pratica la missione della Biennale della Fotografia Femminile si sviluppa nel festival biennale, in programmi didattici, in ricerca, in attività e collaborazioni varie.
Origini della Biennale della Fotografia Femminile: La Papessa è il secondo Arcano Maggiore dei Tarocchi di Marsiglia. Quali significati di questa figura sentite vi raccontino di più?
Anna Volpi e Chiara Maretti:
Abbiamo scelto questa figura per rappresentare e al contempo guidare il nostro percorso perché porta con sé due concetti per noi fondamentali: lo studio e la pazienza, senza i quali non potremmo intraprendere una missione importante come questa senza arrenderci alle prime difficoltà.
È facile scoraggiarsi quando per molte persone il lavoro in cui stai investendo tutte le tue competenze ed energie non serve, perché alla base manca la consapevolezza e la volontà di fare uno sforzo per vedere oltre e cercare di cambiare finalmente qualcosa nel pratico.
La pazienza ci è necessaria anche per accettare il fatto che probabilmente in questa vita non saremo testimoni del cambiamento che vorremmo vedere, ma il nostro contributo rimane necessario affinché un giorno possa accadere.
Studiare ci porta a metterci costantemente in discussione, e dunque ad aprire le nostre menti e i nostri orizzonti, arrivando ad estendere e a meglio comprendere il concetto di inclusività che portiamo con noi.
Qual è l’eredità che ha gestito e che vorrebbe lasciare BFF – Biennale della Fotografia Femminile?
Anna Volpi e Chiara Maretti:
La BFF si può dire che abbia gestito tante eredità quante sono le persone interne al team organizzativo, che hanno in comune l’amore per la fotografia e la cultura e il desiderio di decostruire e ripensare il sistema che ne sta alla base.
Alle generazioni future, ma anche a quelle attuali, la Biennale della Fotografia Femminile vuole lasciare in eredità un atteggiamento di positività nei confronti della scoperta in favore del cambiamento, e soprattutto il concetto che, laddove manca uno spazio di rappresentazione, così come anche un diritto, è giusto crearselo o prenderselo con tutte le proprie forze.
La prossima edizione della Biennale della Fotografia Femminile – si svolgerà a Mantova dal 3 al 27 marzo 2022. Il tema che avete scelto è “Legacy”- lascito, eredità. “Cosa vuol dire passare il testimone? Come è e come sarà capace l’essere umano di gestire le sue eredità?”
Alessia Locatelli:
Quando si parla del concetto di “passaggio di testimone” si lavora su due linee temporali differenti: la prima è quella che porta dal passato al presente.
L’eredità della memoria, l’archivio – per restare in ambito fotografico – sono buoni esempi, ma anche la tradizione, i racconti degli anziani appartengono a questa prima categoria.
Una seconda linea temporale si sviluppa invece dall’oggi verso una prospettiva nel tempo. Naturalmente il futuro è insondabile per l’essere umano ma quello che sicuramente siamo in grado di valutare anche attualmente sono le ricadute, le conseguenze future del nostro agire attuale.
Come Biennale della Fotografia Femminile abbiamo individuato quali potrebbero essere i temi e le modalità attraverso le quali attuare una riflessione collettiva su questo passaggio di testimone.
Collettiva perché crediamo molto nel valore della fotografia come linguaggio che oggi è in grado più di tutte le altre forme di comunicazione e di arte visiva di dialogare con il contemporaneo e di arrivare in modo trasversale a differenti sensibilità e culture.
Questo è il contributo della Biennale della Fotografia Femminile verso un futuro, magari insondabile, ma sicuramente immaginabile.
La Biennale della Fotografia Femminile ha selezionato 12 artiste italiane e internazionali per darne un’interpretazione e cercare risposte.
Alessia Locatelli:
Non cerchiamo delle risposte.
Il desiderio della Biennale della Fotografia Femminile è quello di fornire degli strumenti, dei percorsi differenti, affinché tutt* possano attuare una riflessione e produrre una critica consapevole a quello che accade attorno.
Grazie alla fotografia, agli allestimenti, agli incontri con le fotografe che raccontano le mostre, a Talk e dibattiti la Biennale della Fotografia Femminile prova a dare il suo contributo al contemporaneo.
In un certo senso, anche noi cerchiamo di lasciare una Eredità alla collettività: la consapevolezza.
Come si è svolta la selezione che ha curato la Biennale della Fotografia Femminile? Di che cosa eravate alla ricerca?
Alessia Locatelli:
Individuiamo un “tema contenitore” che possa essere ampio nel suo approccio, dentro cui sviluppare gli argomenti delle singole ricerche fotografiche.
Per la prima edizione 2020 della Biennale della Fotografia Femminile il tema era il “lavoro”.
Una mancanza di parità di opportunità quella del mondo del professionismo femminile – con cui molte di noi si confrontano quotidianamente – che ci sembrava potesse essere il primo tema su cui riflettere in una Biennale di Fotografia al Femminile. Abbiamo così declinato il tema dal punto di vista della professione, dell’accesso/esclusione del lavoro e dalla scuola, individuando gli argomenti dentro cui fare la ricerca e la selezione dei portfolio.
Per l’edizione Legacy, abbiamo deciso di declinare la ricerca su questi principali argomenti: Ambientale, Sociale, Familiare, Generazionale, Antropologico, di Genere, Documentale e Concettuale, portando 12 mostre mai viste in Italia.
Essendo un Foto Festival biennale, per ogni edizione ci prendiamo tempo per poter fare una ricerca a livello internazionale che sia ampia, e che consideri tutta una gamma di sensibilità culturali a tutte le longitudini.
La Biennale della Fotografia Femminile seleziona fotografe che, pur nelle loro differenze di linguaggio e sensibilità e provenienza abbiano un progetto che affronti la Legacy attraverso le linee direzionali che abbiamo individuato.
La Biennale della Fotografia Femminile sceglie di dare spazio a voci unicamente femminili del panorama della fotografia internazionale.
Le tematiche legate alla parità di genere sono molto discusse in questo particolare momento storico. Come vivete i valori del femminismo nelle vostre scelte artistiche?
Alessia Locatelli:
Il team della Biennale della Fotografia Femminile è composto principalmente da figure di donne – tranne la nostra “Quota Azzurra”, Francesco (per ridere perché non mi piacciono le “quote”)- e benché nella vita abbiamo sperimentato sulla pelle cosa vuol dire vivere in un contesto culturale in cui la narrazione dominante è quella del maschio bianco eterosessuale, non vogliamo né fare ghetto, né ribaltare questi parametri a nostro vantaggio, tantomeno escludere la componente maschile dal percorso.
La mia generazione, successiva all’ondata del femminismo degli anni ’60 e ’70, fa oggi fatica a rapportarsi con concetti che si muovevano per altre istanze – oggi lontane – e spesso distorte nella loro narrazione attuale dal pensiero dominante.
Come accade per l’esperienza del femminismo storicizzato che è stata a mio parere necessaria e indispensabile, ma nella quale non mi riconosco totalmente per distanza storica.
Oggi abbiamo altre necessità di intervento per un cambiamento.
Pensiamo ad esempio alla femminilizzazione del mondo del lavoro che già da alcuni decenni in certi ambiti (la cura, la comunicazione) comporta una precarizzazione più ampia e trasversale ai generi, e che la Pandemia ha accelerato.
Su questo tema la Biennale della Fotografia Femminile ha deciso ad esempio di portare la testimonianza del libro di Elisa Cuter “Ripartire dal Desiderio” poichè, in qualità di direttrice artistica della Biennale e come persona cosciente che dialogo e inclusività siano dei punti di forza, aprire un dibattito culturale più ampio della sola tematica fotografica è fornire una piattaforma di discussione che negli anni ha l’ambizione di diventare un punto di riferimento culturale e non solo per i temi legati al femminile, ma anche per il mondo LGBTQ+.
Usciamo dalla logica di essere solo prodotti targettizzati a cui vendere, e tutt* cominciamo a lavorare per un unico orizzonte possibile.
Siamo convinti che far conoscere il Sublime, attraverso artisti, opere d’arte ed iniziative culturali, sia d’aiuto per la crescita delle persone e del mondo in cui viviamo.
Su questi valori comuni abbiamo dato vita alla collaborazione tra la Biennale della Fotografia Femminile e il Sublimista, che si svilupperà nel tempo e in diverse forme e contenuti.
Cos’è il Sublime per la Biennale della Fotografia Femminile?
Alessia Locatelli:
Il sublime per me è una continua ricerca di aspirazione, una suggestione, un ideale superiore che funge da tracciato dentro cui muoversi. Aspirazione al miglioramento, nella ricerca dell’armonia con la natura, con gli altri. Il sublime è un sentimento irraggiungibile verso cui tendere. Ecco, forse bisogna sempre propendere verso il sublime, perché la sua vocazione all’irraggiungibile lo rende aspirazione perenne al miglioramento.
Anna Volpi:
Il Sublime è vedere realizzate le proprie idee, sviluppate attraverso un percorso seguito dalla nascita. Vedere poi la realtà che si ha creato prendere nuova vita e andare oltre la propria, per un bene, che sia mondiale o famigliare.
3 – 27 Marzo 2022 – Calendario degli eventi della prossima edizione:
BIENNALE DELLA FOTOGRAFIA FEMMINILE